Riporto una mia recensione apparsa su Non Solo Gore, il meraviglioso portale con cui ho il piacere di collaborare.
Vi consiglio di leggere Lovecraft's Innsmouth.
Quand'è
che tutto è andato a rotoli? Io non ci capisco più nulla, sapete
indicarmi qual è il momento in cui, dal bordo dell'abisso, abbiamo
deciso che fare piccoli balzi, o grandi passi se preferite, fosse una
buona l'idea? Forse, era meglio se abbracciavamo un cactus.
Fermiamoci un attimo e ragioniamo, non
siamo inarrestabili come la stampa di Orson Welles, stop alle
tastiere da casa, non improvvisiamoci Santa Inquisizione per eseguire
sentenze sommarie dal braccio secolare dei social.
Smettiamola
con le risse da pesi piuma allevati dal web e le messe gridate dal
pulpito dei massimi esperti.
Dobbiamo
fare qualcosa di più.
Con
la formula del “tutti inclusi”, stiamo lucidando le maniglie al
Titanic, perdonatemi la citazione di un buon Palahniuk d'annata, ma
andare a fondo non è la soluzione. Non siamo tanti piccoli Leopardi
Giacomo, non coliamo a picco nell'Infinito, ma in una palude di melma
e il naufragar non è dolce in questo mare.
L'appello al fare degli uomini forti, brilla quanto una pepita di pirite. Come possiamo credere ai partiti che, a suon di chiacchiere, hanno glassato il buon senso con uno strato geologico di parole.
Meglio
se ci fermiamo e ci occupiamo di letteratura.
Oggi
parliamo di Horror, quello vero, non i sogni flautati di adolescenti
troppo anziani. Storcete con calma il naso per le vostre ragioni e
giudicatemi male, ma qualcosa l'ho imparato anche grazie a un genere
di poca Cultura per una buona fetta del Bel Paese Italia.
È
immondizia moderna? Certo, come l'Inno alla Gioia è una suoneria per
smartphone.
Sono
un impertinente, i classici non si maltrattano. Si possono fare
cover, remake e quant'altro, ma sfotterli mai.
Sotto
la viscida patina rossa delle morti gratuite c'è molto di più.
L'assassino con maschera bianca e coltellaccio non muore mai, non
perché ha la fortuna di ammazzare ad Halloween, né perché sia a
prova di proiettile, ma rappresenta il Male, quello che non si può
sconfiggere e che da secoli tormenta l'umanità. Non è che gli
zombie, mi raccomando quelli in bianco e nero di Romero, possano
essere una critica alla società? Un'orda morta che pensa solo a
sfamarsi, non è poi così diversa dalle zucche vive che pensano solo
a consumare. The Walking Dead lasciatelo perdere, i morti ambulanti
sono un problema trascurabile rispetto agli umani, tutta la serie
sembra l'ideale secondo tempo de Il Signore delle Mosche.
E
questi sono solo i primi esempi che mi vengono in mente, ma ce ne
sono molti altri.
Non
è l'arte che raffigura concetti attraverso rappresentazioni che,
detto alla Hegel, è l'apparire sensibile dell'idea?
Meglio
se la smetto, altrimenti finirò per scrivere che l'Horror è arte.
Non
ne siete convinti? Datemi solo un'opportunità e vi farò conoscere
un autore di cui non potrete più fare a meno: Claudio Vergnani.
Preceduto dal primo capitolo di Cthulhu
Apocalypse, il romanzo riprende e amplia quanto già narrato.
Claudio e Vergy sono i protagonisti. Non si tratta della solita
strana coppia, l'uno all'opposto dell'altro, uniti da qualche strana
alchimia ma, pur sembrando così diversi, possiedono lo stesso
temperamento che declina nel pensiero per Claudio e nell'azione per
Vergy. Entrambi hanno una formazione militare, un passato recente
farcito di succhia sangue straccioni e un presente trascorso tra
stenti e strani uomini-pesce.
Non
sono dei perfetti estranei. Hanno già fatto coppia nella trilogia
dei vampiri (Il 18° vampiro, il 36° giusto e L'ora più buia). Lovecraft's Innsmouth si può leggere anche senza essersi
intrattenuti sulle pagine dei titoli menzionati, ma sappiate che
avere la fedina da lettore immacolata costituisce reato.
Se
Claudio è profondo, sensibile e capace di provare empatia, Vergy è
un filosofo (forse), orientato all'azione e che dispone di una
colorita capacità espressiva e di una efficace capacità
argomentativa di violenza e cazzotti.
I
due sono assunti come guardie del corpo dal professor Brandelli per
accompagnarlo nella sua permanenza al parco Lovecraft's Innsmouth e
scoprire se si tratti di una baracconata stile Disneyland dell'orrore
o piuttosto della residenza terrena di Dagon, una divinità maligna
del panteon creato da H. P. Lovecraft.
Credo sia il caso di lasciare la parola a Vergy per conoscere da vicino
uno dei Grandi Antichi.
“Tra
tutti mi pare il meno sottile. Il meno Bizantino. Non che i suoi
compari siano dei geni, intendiamoci. Ma lui è più diretto e
prevedibile. Non voglio dire proprio uno zoticone ma di sicuro uno
che non sfigurerebbe in una gara di rutti. Il suo modo di pensare è
abbastanza elementare. Vuoi pesce? Vuoi figa? Adorami e li avrai
entrambi. Non lo vuoi fare? D'accordo, ballo un po' sull'obelisco e
poi ti faccio un culo così. Per quei tempi, quasi onesto.”
Già,
per quei tempi. L'orrore ha cambiato pelle dall'inizio del '900, ma è
rimasto a pascolare sulla terra. Vergnani non sfotte un classico, non
fa un remake in HD di The shadow over Innsmouth. Quindi, cosa fa
esattamente? Una versione forbita della risposta è che dialoga con
la tradizione che lo ha proceduto.
Prima
di trascendere al livello della classica calcistica puristi vs
contaminatori, tiro fuori il cartellino rosso e mando subito negli
spogliatoi i più caldi da ambo i lati. Durante la lettura, anche i
lettori più esigenti e attenti, si renderanno conto che l'autore non
ha fatto una zuppa buttando nel brodo ingredienti a caso, per la
serie tutto sfama e da sapore, ma ha cucinato sapendo quali pezzi
scegliere per servire un piatto d'alta cucina, condito con il suo
personalissimo apporto.
Dicevamo,
agli inizi del '900, almeno secondo H.P. Lovecraft, l'orrore aveva un
taglio “cosmico”, era altro. Sovrapposta alla realtà persiste
una dimensione maligna che si manifesta con l'estraneità di una
dimensione orrida. Nei racconti del solitario di Providence, spesso
si tratta di pericoli sepolti o brevissime incursioni, ma sono il
sicuro preludio per drammi di portata planetaria e vengono
disinnescati con l'apporto della scienza, l'unico sapere positivo in
grado di opporsi alla volontà distruttrice di una magia oscura.
Nonostante il destino dell'umanità fosse a rischio, le minacce
sono nascoste dietro “un muro impenetrabile di roboanti avverbi”,
mai mostrate nella figura intera. Nei racconti il limite è
giustificato con le ridotte capacità cognitive dell'uomo, nel caso
dello scrittore non è incapacità, ma la maestria nel suggerire
l'orrore per amplificare paure profonde.
Nell'epoca
delle esplorazioni spaziali è possibile che un'entità aliena
attraversi il continuum spazio tempo e si metta a commerciare
adorazione o proporre patti scellerati con i terrestri, magari di un
piccolo villaggio, senza che nessuno se ne accorga?
Attualizzare
non significa inserire qualche messaggio con cellulare, dare una
svolta alle indagini con un pc e pochi secondi di connessione o far
brandire ai “guerrieri” armi automatiche.
Vergnani
fa ovviamente qualcosa in più. Colloca l'immaginario di quasi un
secolo prima e lo inserisce nel tessuto della realtà che ci
circonda. Tutto prende le mosse da un luna park dietro a cui… se ve
lo dico, vi faccio uno spoiler di dimensioni epiche e non credo sia
il caso.
Lovecraft's
Innsmouth ricrea in parte i meccanismi in cui l'orrore è celato come
un velo che copre gli orizzonti, ma i lettori moderni hanno una fame
vorace e l'attesa deve concretizzarsi in un appuntamento faccia a
faccia. Allora, i due protagonisti vedono (molto bene) e
interagiscono (senza limitazioni di sorta e regole di ingaggio) con
l'orrore svelato nella sua natura “altra” e misera.
Bene,
dietro all'apparire sensibile delle pagine del nuovo romanzo di
Vergnani, quale concetto si nasconde? Nessuno, se non si è in grado
di vederlo o la fragilità dell'umanità immersa nelle condizioni più
scomode del peggiore dei mondi possibili, il nostro.
Più
che la disperazione del tutto è perduto, i protagonisti hanno la
lucidità e il disincanto necessario per bucare il velo di Maya che
fodera gli occhi ai più; come gli scienziati di Lovecraft vedono e
vivono la dimensione maligna. C'è da pensare che non abbiano gli
stessi mezzi per ricacciarla a calci nel culo dal buco economico da
cui è uscita?
Claudio
e Vergy sono stati in guerra, hanno sconfitto vampiri, ora
fronteggiano un branco ittico/antropomorfo, ma vivono ai margini
della società, giusto qualche metro dietro le spalle degli ultimi.
Non hanno le risorse per ritagliare per sé un pezzo del sogno
italiano, un lavoro fisso, una casa arredata con le rate del mutuo e
il sabato al centro commerciale? No, hanno tutti gli strumenti
necessari per sconfiggere questo orrore: non scendo a compromessi.
Non hanno venduto l'anima per trenta denari, fatto patti scellerati
per un posto caldo, ma estremamente precario, da cui sfogare la
propria rabbia sui social network, azzannarsi per molto meno di un
tozzo di pane e vivere in preda ad allarmismi e paure ingiustificate.
La
loro non è una vita facile, lo stesso Claudio sembra confessarcelo
quando pensa.
“Sono
capaci tutti di tenere duro quando le possibilità sono in
equilibrio. È molto più difficile resistere quando tutto è
perduto.”
Detto
questo, meglio lasciare le fila dell'esercito e smetterla di
combattere una guerra tra poveri. Smettiamola di lucidare le maniglie
al Titanic, non aspettiamo che il naufragio sia completo, lasciamo i
mezzucci a cui ci siamo affidati e iniziamo a nuotare verso la
terraferma.
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