Ho notato che i racconti fanno qualche visualizzazione, così mi sono detto, perchè non inquinare la rete con un altro mio delirio? Detto, fatto.
Una lettera anonima.
*
Avrei voluto iniziare con un formalissimo “All’attenzione della
Questura”, ma non mi sembrava adatto. Perché dovrei dimostrarvi un minimo di
rispetto? In cinque anni, dal 2009 al 2014, non siete ancora riusciti a capire
che tale Emanuela Deavanti, di anni 62 – dai, se ci riesci e, senza prendere un
caffè alla macchinetta, controlla chi è – non è una persona scomparsa, ma la
vittima di un omicidio.
Questo lo so, perché sono stato io a ucciderla. No, non correre a leggere
la fine, non ho firmato la lettera. Se vuoi arrestarmi, non te la puoi cavare
con così poco, mi sa che ti tocca lavorare!
Ecco, ho deciso…
Caro Sbirro,
non me ne frega nulla di te, ma a causa della vostra inefficienza, ti devo
elevare al ruolo di amico di penna. Allora, come avrai scoperto, Emanuela Deavanti
abitava nel palazzo di fronte alla vostra Questura. Se guardi fuori dalla
finestra, lo puoi vedere. Non distrarti e lascia perdere le ragazzine sul
marciapiede. Proprio davanti a te c’è un edificio verde a cinque piani, quello
rosso sulla sinistra non c’entra nulla, mi raccomando. La signora abitava nell’appartamento
al terzo piano, per la precisione quello che ora ha alcuni vasi di gerani sul
balcone. Sì, prima di scriverti ho controllato, ma non perdere tempo a cercarmi
nelle registrazioni delle telecamere, primo perché le cose alte si vedono anche
da lontano e, secondo, quel balcone ha gli stessi fiori anche su Google
Street View.
Ti ricordi il caso? Eri già in servizio?
21/09/2010
L’agente immobiliare inserisce
le chiavi, ma non riesce a far scattare la serratura. Dopo alcuni tentativi si
gira verso la coppia e, quasi per giustificarsi, prima stacca un sorriso, poi
attacca a parlare.
- Come potete vedere –
dice, indicando il pianerottolo – le vetrate lasciano filtrare molta luce.
Sorride e cerca di
mantenere attiva l’attenzione per non farli pensare troppo e
trasformare, così come gli hanno insegnato al corso, una visita in una gita
turistica in cui si mostra solo il bello dell’immobile. Mentre i due si voltano
e osservano gli anonimi lastroni, considerando la luminosità, afferra la chiave
con entrambe le mani e sforza sino ad avviare il processo per “disinnescare” il
portone blindato.
- L’appartamento – dice
mentre accende la luce – inizia con un tinello, adatto ad accogliere….
- Ma è arredato? –
chiede la signora.
Maledetti mobili di merda, se solo il proprietario ci ascoltasse una
volta tanto e li facesse sparire per sempre pensa, aggiustandosi l’orribile
cravatta di ordinanza.
E giunto il momento di
spiegare la solita brutta storia.
- No, l’affitto è per
l’appartamento, i mobili sono a titolo gratuito.
Ha calcato le ultime
parole, cercando di “trasformare uno svantaggio in un vantaggio”. Spera che la
parola “gratuito” alletti i clienti e li distragga dall’indagare.
- Ma se noi non li
volessimo?
È di nuovo lei a
sprecare fiato. Una donna concentrata in un metro e cinquanta, diffidente sino
alla morte; lo si capisce da come stringe la borsetta sotto il braccio. Ogni
volta che parla, socchiude le palpebre, facendo fiorire un’intera ragnatela di
rughe sul viso. Ha sposato un uomo diluito in un metro e novanta abbondanti per
avere una presenza scenica sempre a
disposizione.
- In quel caso potreste
sbarazzarvene come meglio credete.
Anche questa volta ha
applicato una regola: “dai sempre l’idea che il tuo interlocutore abbia tutta
la libertà che desidera”.
- A spese di chi?
Mentre il marito tace,
la secca manifesta tutta l’avarizia che la consuma. Davanti a una cosa
gratis, riesce comunque a pensare alle spese. D’altronde la carnagione esangue,
la poca carne sullo scheletro e i capelli rossi, qualcosa di lei dovevano pure
suggerire.
- Potrebbe anche venderli
e ricavarci qualche euro.
Risponde l’agente
sorridendo soddisfatto.
Al corso era uno dei
migliori. Doveva esserlo, perché non voleva fare il “vendicase”, ma era l’unico
annuncio di lavoro sul giornale, così ha cercato di imparare i trucchetti da
imbonitore, per riuscire a tirare fuori un po’ di soldi, nell’attesa di trovare
un lavoro, di quelli veri.
- Mi scusi, - la
signora Scrooge non molla un colpo, mentre il consorte continua a tacere – ma di
chi sono?
A questo punto tutta la
teoria non serve più a nulla ed è giunto il momento di raccontare, a rate,
qualcosa di simile alla verità.
- Li ha lasciati qui l’inquilina
precedente.
- Perché?
Ma quanto rompi i coglioni, non mangi per non cagare e non concepisci
come qualcuno possa liberarsi di alcuni futili averi materiali, pensa.
Elabora il miglior sorriso e risponde: – È dovuta partire all’improvviso per
un'altra città, e li ha lasciati qui – fa una pausa studiata – e il padrone di
casa non sapeva cosa farsene, ma proseguiamo… Venite, vi mostro la cucina, così
spaziosa e adatta per essere utilizzata come sala da pranzo.
Nel tentativo di
distrarre la signora malefica, ha posto l’attenzione su un altro vantaggio ed è
scappato verso la cucina. Apre la porta finestra e mostra il paesaggio. – Si possono
vedere le montagne, anche se siamo in pieno centro.
- Ma qui davanti c’è la
Questura, non è che a tutte le ore si sentono le sirene?
- No, questa è una
città tranquilla e le auto della polizia non partono con la sirena accesa.
-Ah, giusto – dice e
rientra.
La signora passa una
mano sul piano cottura. – Gli armadietti sono vuoti o ha lasciato qui anche da
mangiare? – chiede, nel vano tentativo di sembrare simpatica.
- No, sono stati
svuotati.
L’agente immobiliare
arriccia le labbra in posizione “sorriso da lavoro”, mentre pensa a tutti gli
scatoloni che, da un anno circa, sono nel retro dell’ufficio; contengono tutti gli averi della signora Emanuela
Deavanti, lasciati in eredità all’agenzia da quando è scomparsa nel nulla e
nessuno ne ha mai reclamato la proprietà.
- Da quanto è sfitto?
- Da pochissimo, -
mente, sperando che la donna non noti lo spessore annuale della polvere –
questa è una proprietà molto richiesta.
La signora passa un
dito sul mobile. – Certo che l’inquilina non doveva avere problemi di soldi, la
cucina sembra molto costosa.
L'altro portatore dell'anello fede si guarda
attorno come se fosse in un museo, poi attacca ad annuire.
*
Certo che non te lo ricordi. È trascorso un bel po’ di tempo e chissà
quante ore hai passato su internet pur di non lavorare. Facciamo così, visto
che grazie a voi l’ho fatta franca, vi ricambio il favore e ti ricordo cosa è
successo.
Allora, la vicina di casa si era presentata da voi e deve avere tentato,
per almeno un paio di volte, di sporgere denuncia per la scomparsa della sua
dirimpettaia.
Tranquillo, non ti agitare. Non hai scoperto il colpevole, perché la
signora Cesira – così si chiamava la vicina- è passata a miglior vita l’anno
scorso e dall’Aldilà nessuno scrive.
Se vuoi un indizio te lo devi cercare, mica te li regalo così.
La Cesira aveva notato che la posta della fu Manuela Deavanti
continuava ad ammucchiarsi nella buca e si è insospettita. Ha cercato di
contattarla, prima suonando, peraltro inutilmente, il campanello e poi
chiamandola al cellulare.
Voi l’avete fatta rimbalzare, dicendo le solite frasi da telefilm…
A proposito, ve le insegnano oppure le imparate da soli, guardando la
televisione? No, davvero è una cosa che mi interessa. “Non si preoccupi
signora, vedrà che non è così grave” oppure “vedrà che non è successo nulla” e
poi, quando non potete più rinviare, allora prendete la denuncia.
Non è che siete degli oculisti? Perché con voi la gente deve sempre
“vedere” qualcosa…
Comunque, alla fine vi siete mossi ed è partita l’indagine.
Avete attraversato la strada. Siete saliti al terzo piano e suonato il
campanello, tanto per essere sicuri che non rispondesse nessuno, ovviamente.
Cosa avete fatto dopo? Secondo me è scattata la C.S.I. all’italiana.
Con un computer avete cercato di rintracciare il cellulare della donna e chissà
come siete rimasti delusi quando avete capito che era spento.
Ma il mistero del cellulare, ameno quello, lo avete risolto, giusto?
Dopo un paio di giorni, siete tornati con della carta che vi
autorizzava a dare l’ok al fabbro per scassinare la porta e lo avete trovato
scarico sul tavolo.
Vi siete dati un’occhiata attorno? Vi è mica venuta l’idea di cercare
del sangue, oppure prendere delle impronte o, magari, fare qualcosa da
poliziotti? Immagino che non abbiate fatto nulla di tutto questo, non era mica
una scena del crimine, no?
Un paio di sigilli e dopo? Come se nulla fosse, il proprietario è
tornato ad affittare l’appartamento.
Avete diramato qualche foto a tutte le altre questure e già,
dimenticavo: gli interrogatori. Tante chiacchere con gli amici e i conoscenti, ma nessuno ne sapeva nulla.
Dei parenti nemmeno l’ombra.
Congratulazioni, vi siete lasciati scappare un omicidio da sotto il
naso.
21/09/2010.
- Però, il televisore
se l’è portato via – dice la signora, indicando il ripiano vuoto da cui sbuca
un decoder digitale.
- Buona parte degli
elettrodomestici li ha venduti il proprietario.
Come no, pensa mentre ricorda la faccia di suo cugino, quando, per
pochi euro, gli allungò un televisore ultrapiatto da mettere in camera sua per
giocare alla Playstation in santa pace.
Accedono alla sala
dalla porta in cucina. La visita è cosa breve. I mobili piacciono alla femmina
disidratata. In particolare fissa una credenza. Alcuni estimatori la
catalogherebbero nelle fila dell’arte povera, ma in realtà è un ammasso di legno
ereditato, ristrutturato e lucidato, nel rispetto dell’antica legge: “perché
non si butta via niente”.
- L’ambiente è spazioso
ed è l’ideale per rilassarsi in tranquillità dopo cena, inoltre – l’agente
immobiliare si avvicina alle finestre – da qui entra molta luce e
l’appartamento è esposto al sole per tutto il giorno.
- Sì, ma d’estate sarà
un forno – chiosa la rossa, inorridita dal pensiero di consumare gratuitamente
del sudore.
- No, la disposizione
delle finestre permette di raffreddare l’ambiente, ma il vero vantaggio lo
avrebbe d’inverno, pensi a quanto può risparmiare sul riscaldamento.
- Termoautonomo?
L’agente annuisce
soddisfatto e aggiunge: – senza contare l’isolamento fornito dai doppi vetri.
Apre la finestra ed
esibisce l’ennesimo vantaggio.
Il trio esce dalla sala
e si avventura nel corridoio; come da manuale, si tratta di un’area di servizio
lunga e stretta. Termina con una finestra e permette l’accesso al bagno, alla
camera e al ripostiglio. Tutto l’appartamento è disposto rigorosamente in
linea.
-Questo è il bagno, un
ambiente raccolto, facile da riscaldare, dove tutti gli accessori sono a
portata di mano. Qui c’è il vano per la lavatrice e la doccia – dice aprendo le
ante di plastica – è spaziosa.
In realtà il bagno è un
incubo; per arredarlo è richiesta una capacità sovrumana nello sfruttare gli
incastri che nemmeno il campione mondiale di Tetris può sognare. La curiosità
della signora non si mette in moto e si limita a toccare le piastrelle bianche
e sorride felice. Il pensiero di occupare il tempo con delle pulizie profonde e
accurate a ogni cambio di stagione da un senso alla sua esistenza.
In mancanza di
commenti, l’agente immobiliare esce e prosegue il tour nella camera da letto.
- L’affitto è di 450 al
mese, vero?
Ecco che arriva la
prima domanda utile di Madame Avarizia; questo significa che sta valutando.
- Sì, calcoli che il
palazzo può vantare anche le spese condominiali più basse della zona. Circa un
anno fa hanno ristrutturato il tetto; hanno coibentato la superficie calpestabile
con dei mattoni doppio uni isolanti.
Recita la relazione dei
lavori eseguiti, tenta di buttarla sul tecnico, sperando di non dover dire
nulla della ristrutturazione interna.
- Quanto?
La rossa torna sempre
sui soldi.
- Nonostante tutto,
sono appena 800 € all’anno.
Un sorriso ampio
sboccia sulle labbra secche. Significa che inizia a interessarle. – Bella
spaziosa la camera, vero? – dice, rivelando la sua decisione.
Il maschio che si porta appresso annuisce e
sorride.
- Solo che i mobili
sono troppo scuri, magari potremmo tenere quello che ci piace e liberarci del
resto– dice rivolta a lui.
L’uomo lineare non
delude le aspettative e fa quello per cui è nato: annuisce.
*
Tranquillo, non sentirti in colpa. In fondo non c’era sangue, non
mancava nulla e magari, almeno per voi, la Emanuela Deavanti di anni 62 poteva
avere deciso davvero di sparire nel nulla. In fondo, quante persone spariscono
all’anno? Mica le potete ritrovare tutte, no?
Non siete dei cercapersone e poi, con tutto quello che avete da fare…
Voi combattete il crimine, sai che noia seguire le tracce degli scomparsi.
Quindi un po’ di foto, una relazione scritta bene e via, prima o poi vedrai che
qualche novità salta fuori e il caso si risolve da solo.
Scusami se ti dileggio, – se non sai cosa significa la parola, digitala
correttamente su un qualsiasi motore di ricerca – ma te lo meriti. In cinque
anni non mi ha nemmeno fermato una pattuglia per farmi una multa, così, sicuro che non mi prenderete mai, voglio farvi
anche fare la figura dei fessi.
Allora, vai a prenderti un caffè, così rimani sveglio e poi leggi il
resto, che ti racconto come è andata.
Preso il caffè? Possiamo proseguire..
Tolta la fu Emanuela Deavanti, non sono un assassino.
Ti confesso che dopo averla uccisa ho avuto qualche problema di
coscienza. Dormivo pochissime ore, spesso e volentieri facevo degli incubi
terribili, ma con l’andare del tempo ho imparato a conviverci, sino a non avere
più problemi.
Ora la considero una cosa brutta che mi è successa, niente di più. Un
po’ come comprare una macchina nuova e, appena uscito dal concessionario,
distruggerla in un incidente con il torto marcio e l’assicurazione che non ti
ripaga o quando capisci che la tua ragazza, quella che volevi sposare, non ti
ama più.
Sono dei dispiaceri, ma che vuoi farci, la vita va avanti, non è così
che si dice?
Ok, la smetto, ti starai annoiando e poi ti scrivo non per darti
lezioni di umanità, ma per confessarti un omicidio.
Capirai se sorvolo sul dirti il motivo per cui mi trovavo in casa di
Emanuela quel pomeriggio, ma conto sulle tue potenti capacità intuitive che
arriveranno a capire che sono un ladro e che stavo “lavorando”.
Anche qui, controlla tutti i ladri; sono sempre stato prudente. Non mi
avete mai preso e, per voi e i vostri schedari, sono un onesto cittadino, con
un lavoro, che paga le tasse e va a votare quando è il momento!
Per vie molto traverse, sono venuto a sapere che Emanuela non si fidava
delle banche e aveva il vizio di tenere i soldi in casa. Inoltre era una
risparmiatrice, di quelle vecchio stampo.
Prima di tentare il colpo ho controllato ed è risultato tutto vero.
Così ho studiato le sue abitudini. Ogni pomeriggio prendeva l’autobus e andava
a trovare il marito seppellito al cimitero. Ti ricordi che all’epoca avevano
cancellato un bel po’ di corse? Sai cosa significa, vero? Ogni giorno la casa
rimaneva vuota per un’ora e mezza.
21/09/2010
Mentre guarda il
ripostiglio, l'odiosa fattucchiera gioca a carte scoperte. – Ne abbiamo girati
molti, ma questo è il migliore, quindi lo prendiamo.
L’agente immobiliare
tira un sospiro di sollievo. Per circa sei mesi ha portato gente a vedere ed è
sempre finita con sorrisi e la frase di rito: “ci pensiamo e vi facciamo
sapere”.
La vita è strana, questa sembrava pronta a scappare ancora prima di
salire e ora lo prende così, al volo pensa, prima di formulare la frase più
adatta per tornare in agenzia.
- Prima vorrei vedere
ancora una volta la cucina, le dispiace?
- Come no, prego –
dice, tendendo il braccio.
La rossa zampetta qua e
là, prende mentalmente le sue misure, poi guarda il marito. – Sì, va bene, la
cucina la terrei, ma la stanza mi sembra piccola. Ci vorrebbe un po’ più di
spazio qui – dice e appoggia la mano sul muro, vicino al lavello.
- Per cosa le
servirebbe lo spazio?
- Vorrei un mobiletto
su cui sistemare alcuni elettrodomestici, per non doverli tirare fuori dagli
armadi ogni volta – valuta bene lo spazio, poi si volta verso il gregario di casa – al limite, potremmo mettere delle mensole, cosa ne pensi?
La spalla del duo matrimoniale è pronto e la
molla che ha nel collo fa ballonzolare il cranio.
*
Entrai nell’appartamento e pensai di cercare i soldi senza fretta, ma
quando il destino ci si mette, niente va per il verso giusto.
Mentre controllavo i soliti luoghi della cucina, sentii un rumore.
Qualcuno stava aprendo la porta con le chiavi.
Incontrare Manuela era un incidente banale, ma rischiava di procurarmi
un sacco di problemi, così afferrai un barattolo di pomodori pelati dalla
credenza.
Ricordo che entrò in casa e disse: -brutta cosa diventare vecchi.
Quando scattò la serratura, mi sentii in trappola e decisi di
agire.
Non so perché feci una mossa tanto stupida, ma non mi fermai a riflettere.
Colpirla in testa e stordirla con un barattolo pieno di polpa per il
sugo, mi sembrò un’ottima idea.
Appena mi vide, sbarrò gli occhi e si portò una mano al petto. Aveva 62
anni, forse il cuore non le ha retto, magari era “quasi” morta quando le diedi
il primo e unico colpo sulla tempia…
Chi lo sa…
Ora puoi spostare il fascicolo dalla sezione persone scomparse a quello
degli omicidi.
Manca qualcosa, te ne sei accorto? Il cadavere dov’è finito?
Ero convinto che lo avreste trovato subito, credevo che un corpo
putrefatto in un ambiente chiuso non passasse inosservato, soprattutto perché
non è mai stato spostato.
Dove si trova?
Dai, te lo dico, oggi è il tuo giorno fortunato.
In cucina, vicino al lavello c’era una rientranza, ora c’è un muro.
Dove ho preso i mattoni e tutto il resto? Genio, all’epoca stavano
ristrutturando… e pensa che sono dovuto ritornare sul luogo del delitto per
impilare un po’ di calce e mattoni. Ho solo dovuto comprare il bianco e un
pennello, ma per i quarantaseimila euro che ho trovato sotto il materasso, mi è
sembrato equo ripitturarle la cucina.
Al momento, lì vive una coppia; lei è una donnetta minuta, rossa di capelli
e pallida come un cencio, mentre lui è una pertica ossequiosa che non dice mai
di no. Mi piacerebbe vedere la faccia che faranno quando scopriranno che, per
quasi quattro anni, hanno ospitato in cucina il cadavere di Emanuela.
Ti saluto, stammi bene e, se ci riesci, prova a scoprire chi sono.
Nota.
Per scrivere questo delirio mi sono ispirato a “l’inquilina murata”, una notizia di cronaca nera
riportata sui quotidiani del 1900. Per la precisione, Il 21 marzo in via
Canzanella a Napoli, a pochi passi dalla caserma dei Carabinieri, gli
inquirenti ritrovarono il cadavere di Agostina Calabrese, murato tra le pareti
della casa in cui risiedeva, la cui esatta ubicazione era stata segnalata, due
anni dopo il delitto, con una lettera anonima. In quel lasso di tempo diverse
famiglie si avvicendarono tra quelle mura, senza mai accorgersi di nulla.
Se una parola è troppa,
ma due sono poche, allora preferisco sbagliare per difetto e dire “troppo”. Il
rispetto e la fiducia che nutro nei confronti delle forze dell’ordine è sincero
e non è in alcun modo rappresentato dal tono sarcastico che emerge dalla lettera,
scritta durante la stesura del racconto.
Come si usa scrivere: è
solo il frutto della fantasia dell’autore ed è funzionale alla creazione della
storia.
So che non c’era
bisogno di questa precisazione, ma una parola è troppa e volevo giustificare un
difetto!
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