lunedì 17 ottobre 2016

Una lettera anonima

Ho notato che i racconti fanno qualche visualizzazione, così mi sono detto, perchè non inquinare la rete con un altro mio delirio? Detto, fatto.

Una lettera anonima.
*
Avrei voluto iniziare con un formalissimo “All’attenzione della Questura”, ma non mi sembrava adatto. Perché dovrei dimostrarvi un minimo di rispetto? In cinque anni, dal 2009 al 2014, non siete ancora riusciti a capire che tale Emanuela Deavanti, di anni 62 – dai, se ci riesci e, senza prendere un caffè alla macchinetta, controlla chi è – non è una persona scomparsa, ma la vittima di un omicidio.
Questo lo so, perché sono stato io a ucciderla. No, non correre a leggere la fine, non ho firmato la lettera. Se vuoi arrestarmi, non te la puoi cavare con così poco, mi sa che ti tocca lavorare!
Ecco, ho deciso…

Caro Sbirro,
non me ne frega nulla di te, ma a causa della vostra inefficienza, ti devo elevare al ruolo di amico di penna. Allora, come avrai scoperto, Emanuela Deavanti abitava nel palazzo di fronte alla vostra Questura. Se guardi fuori dalla finestra, lo puoi vedere. Non distrarti e lascia perdere le ragazzine sul marciapiede. Proprio davanti a te c’è un edificio verde a cinque piani, quello rosso sulla sinistra non c’entra nulla, mi raccomando. La signora abitava nell’appartamento al terzo piano, per la precisione quello che ora ha alcuni vasi di gerani sul balcone. Sì, prima di scriverti ho controllato, ma non perdere tempo a cercarmi nelle registrazioni delle telecamere, primo perché le cose alte si vedono anche da lontano e, secondo, quel balcone ha gli stessi fiori anche su Google Street View.
Ti ricordi il caso? Eri già in servizio?

21/09/2010

L’agente immobiliare inserisce le chiavi, ma non riesce a far scattare la serratura. Dopo alcuni tentativi si gira verso la coppia e, quasi per giustificarsi, prima stacca un sorriso, poi attacca a parlare.
- Come potete vedere – dice, indicando il pianerottolo – le vetrate lasciano filtrare molta luce.
Sorride e cerca di mantenere attiva l’attenzione per non farli pensare troppo e trasformare, così come gli hanno insegnato al corso, una visita in una gita turistica in cui si mostra solo il bello dell’immobile. Mentre i due si voltano e osservano gli anonimi lastroni, considerando la luminosità, afferra la chiave con entrambe le mani e sforza sino ad avviare il processo per “disinnescare” il portone blindato.
- L’appartamento – dice mentre accende la luce – inizia con un tinello, adatto ad accogliere….
- Ma è arredato? – chiede la signora.
Maledetti mobili di merda, se solo il proprietario ci ascoltasse una volta tanto e li facesse sparire per sempre pensa, aggiustandosi l’orribile cravatta di ordinanza.
E giunto il momento di spiegare la solita brutta storia.
- No, l’affitto è per l’appartamento, i mobili sono a titolo gratuito.
Ha calcato le ultime parole, cercando di “trasformare uno svantaggio in un vantaggio”. Spera che la parola “gratuito” alletti i clienti e li distragga dall’indagare.
- Ma se noi non li volessimo?
È di nuovo lei a sprecare fiato. Una donna concentrata in un metro e cinquanta, diffidente sino alla morte; lo si capisce da come stringe la borsetta sotto il braccio. Ogni volta che parla, socchiude le palpebre, facendo fiorire un’intera ragnatela di rughe sul viso. Ha sposato un uomo diluito in un metro e novanta abbondanti per avere  una presenza scenica sempre a disposizione.
- In quel caso potreste sbarazzarvene come meglio credete.
Anche questa volta ha applicato una regola: “dai sempre l’idea che il tuo interlocutore abbia tutta la libertà che desidera”.
- A spese di chi?
Mentre il marito tace, la secca manifesta tutta l’avarizia che la consuma. Davanti a una cosa gratis, riesce comunque a pensare alle spese. D’altronde la carnagione esangue, la poca carne sullo scheletro e i capelli rossi, qualcosa di lei dovevano pure suggerire.
- Potrebbe anche venderli e ricavarci qualche euro.
Risponde l’agente sorridendo soddisfatto.
Al corso era uno dei migliori. Doveva esserlo, perché non voleva fare il “vendicase”, ma era l’unico annuncio di lavoro sul giornale, così ha cercato di imparare i trucchetti da imbonitore, per riuscire a tirare fuori un po’ di soldi, nell’attesa di trovare un lavoro, di quelli veri.
- Mi scusi, - la signora Scrooge non molla un colpo, mentre il consorte continua a tacere – ma di chi sono?
A questo punto tutta la teoria non serve più a nulla ed è giunto il momento di raccontare, a rate, qualcosa di simile alla verità.
- Li ha lasciati qui l’inquilina precedente.
- Perché?
Ma quanto rompi i coglioni, non mangi per non cagare e non concepisci come qualcuno possa liberarsi di alcuni futili averi materiali, pensa. Elabora il miglior sorriso e risponde: – È dovuta partire all’improvviso per un'altra città, e li ha lasciati qui – fa una pausa studiata – e il padrone di casa non sapeva cosa farsene, ma proseguiamo… Venite, vi mostro la cucina, così spaziosa e adatta per essere utilizzata come sala da pranzo.
Nel tentativo di distrarre la signora malefica, ha posto l’attenzione su un altro vantaggio ed è scappato verso la cucina. Apre la porta finestra e mostra il paesaggio. – Si possono vedere le montagne, anche se siamo in pieno centro.
- Ma qui davanti c’è la Questura, non è che a tutte le ore si sentono le sirene?
- No, questa è una città tranquilla e le auto della polizia non partono con la sirena accesa.
-Ah, giusto – dice e rientra.
La signora passa una mano sul piano cottura. – Gli armadietti sono vuoti o ha lasciato qui anche da mangiare? – chiede, nel vano tentativo di sembrare simpatica.
- No, sono stati svuotati.
L’agente immobiliare arriccia le labbra in posizione “sorriso da lavoro”, mentre pensa a tutti gli scatoloni che, da un anno circa, sono nel retro dell’ufficio; contengono tutti gli averi della signora Emanuela Deavanti, lasciati in eredità all’agenzia da quando è scomparsa nel nulla e nessuno ne ha mai reclamato la proprietà.
- Da quanto è sfitto?
- Da pochissimo, - mente, sperando che la donna non noti lo spessore annuale della polvere – questa è una proprietà molto richiesta.
La signora passa un dito sul mobile. – Certo che l’inquilina non doveva avere problemi di soldi, la cucina sembra molto costosa.
L'altro portatore dell'anello fede si guarda attorno come se fosse in un museo, poi attacca ad annuire.

*
Certo che non te lo ricordi. È trascorso un bel po’ di tempo e chissà quante ore hai passato su internet pur di non lavorare. Facciamo così, visto che grazie a voi l’ho fatta franca, vi ricambio il favore e ti ricordo cosa è successo.
Allora, la vicina di casa si era presentata da voi e deve avere tentato, per almeno un paio di volte, di sporgere denuncia per la scomparsa della sua dirimpettaia.
Tranquillo, non ti agitare. Non hai scoperto il colpevole, perché la signora Cesira – così si chiamava la vicina- è passata a miglior vita l’anno scorso e dall’Aldilà nessuno scrive.
Se vuoi un indizio te lo devi cercare, mica te li regalo così.
La Cesira aveva notato che la posta della fu Manuela Deavanti continuava ad ammucchiarsi nella buca e si è insospettita. Ha cercato di contattarla, prima suonando, peraltro inutilmente, il campanello e poi chiamandola al cellulare.
Voi l’avete fatta rimbalzare, dicendo le solite frasi da telefilm…
A proposito, ve le insegnano oppure le imparate da soli, guardando la televisione? No, davvero è una cosa che mi interessa. “Non si preoccupi signora, vedrà che non è così grave” oppure “vedrà che non è successo nulla” e poi, quando non potete più rinviare, allora prendete la denuncia.
Non è che siete degli oculisti? Perché con voi la gente deve sempre “vedere” qualcosa…
Comunque, alla fine vi siete mossi ed è partita l’indagine.
Avete attraversato la strada. Siete saliti al terzo piano e suonato il campanello, tanto per essere sicuri che non rispondesse nessuno, ovviamente.
Cosa avete fatto dopo? Secondo me è scattata la C.S.I. all’italiana. Con un computer avete cercato di rintracciare il cellulare della donna e chissà come siete rimasti delusi quando avete capito che era spento.
Ma il mistero del cellulare, ameno quello, lo avete risolto, giusto?
Dopo un paio di giorni, siete tornati con della carta che vi autorizzava a dare l’ok al fabbro per scassinare la porta e lo avete trovato scarico sul tavolo.
Vi siete dati un’occhiata attorno? Vi è mica venuta l’idea di cercare del sangue, oppure prendere delle impronte o, magari, fare qualcosa da poliziotti? Immagino che non abbiate fatto nulla di tutto questo, non era mica una scena del crimine, no?
Un paio di sigilli e dopo? Come se nulla fosse, il proprietario è tornato ad affittare l’appartamento.
Avete diramato qualche foto a tutte le altre questure e già, dimenticavo: gli interrogatori. Tante chiacchere con gli amici e i conoscenti, ma nessuno ne sapeva nulla.
Dei parenti nemmeno l’ombra.
Congratulazioni, vi siete lasciati scappare un omicidio da sotto il naso.

21/09/2010.

- Però, il televisore se l’è portato via – dice la signora, indicando il ripiano vuoto da cui sbuca un decoder digitale.
- Buona parte degli elettrodomestici li ha venduti il proprietario.
Come no, pensa mentre ricorda la faccia di suo cugino, quando, per pochi euro, gli allungò un televisore ultrapiatto da mettere in camera sua per giocare alla Playstation in santa pace.
Accedono alla sala dalla porta in cucina. La visita è cosa breve. I mobili piacciono alla femmina disidratata. In particolare fissa una credenza. Alcuni estimatori la catalogherebbero nelle fila dell’arte povera, ma in realtà è un ammasso di legno ereditato, ristrutturato e lucidato, nel rispetto dell’antica legge: “perché non si butta via niente”.
- L’ambiente è spazioso ed è l’ideale per rilassarsi in tranquillità dopo cena, inoltre – l’agente immobiliare si avvicina alle finestre – da qui entra molta luce e l’appartamento è esposto al sole per tutto il giorno.
- Sì, ma d’estate sarà un forno – chiosa la rossa, inorridita dal pensiero di consumare gratuitamente del sudore.
- No, la disposizione delle finestre permette di raffreddare l’ambiente, ma il vero vantaggio lo avrebbe d’inverno, pensi a quanto può risparmiare sul riscaldamento.
- Termoautonomo?
L’agente annuisce soddisfatto e aggiunge: – senza contare l’isolamento fornito dai doppi vetri.
Apre la finestra ed esibisce l’ennesimo vantaggio.
Il trio esce dalla sala e si avventura nel corridoio; come da manuale, si tratta di un’area di servizio lunga e stretta. Termina con una finestra e permette l’accesso al bagno, alla camera e al ripostiglio. Tutto l’appartamento è disposto rigorosamente in linea.
-Questo è il bagno, un ambiente raccolto, facile da riscaldare, dove tutti gli accessori sono a portata di mano. Qui c’è il vano per la lavatrice e la doccia – dice aprendo le ante di plastica – è spaziosa.
In realtà il bagno è un incubo; per arredarlo è richiesta una capacità sovrumana nello sfruttare gli incastri che nemmeno il campione mondiale di Tetris può sognare. La curiosità della signora non si mette in moto e si limita a toccare le piastrelle bianche e sorride felice. Il pensiero di occupare il tempo con delle pulizie profonde e accurate a ogni cambio di stagione da un senso alla sua esistenza.
In mancanza di commenti, l’agente immobiliare esce e prosegue il tour nella camera da letto.
- L’affitto è di 450 al mese, vero?
Ecco che arriva la prima domanda utile di Madame Avarizia; questo significa che sta valutando.
- Sì, calcoli che il palazzo può vantare anche le spese condominiali più basse della zona. Circa un anno fa hanno ristrutturato il tetto; hanno coibentato la superficie calpestabile con dei mattoni doppio uni isolanti.
Recita la relazione dei lavori eseguiti, tenta di buttarla sul tecnico, sperando di non dover dire nulla della ristrutturazione interna.
- Quanto?
La rossa torna sempre sui soldi.
- Nonostante tutto, sono appena 800 € all’anno.
Un sorriso ampio sboccia sulle labbra secche. Significa che inizia a interessarle. – Bella spaziosa la camera, vero? – dice, rivelando la sua decisione.
Il maschio che si porta appresso annuisce e sorride.
- Solo che i mobili sono troppo scuri, magari potremmo tenere quello che ci piace e liberarci del resto– dice rivolta a lui.
L’uomo lineare non delude le aspettative e fa quello per cui è nato: annuisce.

*
Tranquillo, non sentirti in colpa. In fondo non c’era sangue, non mancava nulla e magari, almeno per voi, la Emanuela Deavanti di anni 62 poteva avere deciso davvero di sparire nel nulla. In fondo, quante persone spariscono all’anno? Mica le potete ritrovare tutte, no?
Non siete dei cercapersone e poi, con tutto quello che avete da fare… Voi combattete il crimine, sai che noia seguire le tracce degli scomparsi. Quindi un po’ di foto, una relazione scritta bene e via, prima o poi vedrai che qualche novità salta fuori e il caso si risolve da solo.
Scusami se ti dileggio, – se non sai cosa significa la parola, digitala correttamente su un qualsiasi motore di ricerca – ma te lo meriti. In cinque anni non mi ha nemmeno fermato una pattuglia per farmi una multa, così,  sicuro che non mi prenderete mai, voglio farvi anche fare la figura dei fessi.
Allora, vai a prenderti un caffè, così rimani sveglio e poi leggi il resto, che ti racconto come è andata.
Preso il caffè? Possiamo proseguire..
Tolta la fu Emanuela Deavanti, non sono un assassino.
Ti confesso che dopo averla uccisa ho avuto qualche problema di coscienza. Dormivo pochissime ore, spesso e volentieri facevo degli incubi terribili, ma con l’andare del tempo ho imparato a conviverci, sino a non avere più problemi.
Ora la considero una cosa brutta che mi è successa, niente di più. Un po’ come comprare una macchina nuova e, appena uscito dal concessionario, distruggerla in un incidente con il torto marcio e l’assicurazione che non ti ripaga o quando capisci che la tua ragazza, quella che volevi sposare, non ti ama più.
Sono dei dispiaceri, ma che vuoi farci, la vita va avanti, non è così che si dice?
Ok, la smetto, ti starai annoiando e poi ti scrivo non per darti lezioni di umanità, ma per confessarti un omicidio.
Capirai se sorvolo sul dirti il motivo per cui mi trovavo in casa di Emanuela quel pomeriggio, ma conto sulle tue potenti capacità intuitive che arriveranno a capire che sono un ladro e che stavo “lavorando”.
Anche qui, controlla tutti i ladri; sono sempre stato prudente. Non mi avete mai preso e, per voi e i vostri schedari, sono un onesto cittadino, con un lavoro, che paga le tasse e va a votare quando è il momento!
Per vie molto traverse, sono venuto a sapere che Emanuela non si fidava delle banche e aveva il vizio di tenere i soldi in casa. Inoltre era una risparmiatrice, di quelle vecchio stampo.
Prima di tentare il colpo ho controllato ed è risultato tutto vero. Così ho studiato le sue abitudini. Ogni pomeriggio prendeva l’autobus e andava a trovare il marito seppellito al cimitero. Ti ricordi che all’epoca avevano cancellato un bel po’ di corse? Sai cosa significa, vero? Ogni giorno la casa rimaneva vuota per un’ora e mezza.

21/09/2010

Mentre guarda il ripostiglio, l'odiosa fattucchiera gioca a carte scoperte. – Ne abbiamo girati molti, ma questo è il migliore, quindi lo prendiamo.
L’agente immobiliare tira un sospiro di sollievo. Per circa sei mesi ha portato gente a vedere ed è sempre finita con sorrisi e la frase di rito: “ci pensiamo e vi facciamo sapere”.
La vita è strana, questa sembrava pronta a scappare ancora prima di salire e ora lo prende così, al volo pensa, prima di formulare la frase più adatta per tornare in agenzia.
- Prima vorrei vedere ancora una volta la cucina, le dispiace?
- Come no, prego – dice, tendendo il braccio.
La rossa zampetta qua e là, prende mentalmente le sue misure, poi guarda il marito. – Sì, va bene, la cucina la terrei, ma la stanza mi sembra piccola. Ci vorrebbe un po’ più di spazio qui – dice e appoggia la mano sul muro, vicino al lavello.
- Per cosa le servirebbe lo spazio?
- Vorrei un mobiletto su cui sistemare alcuni elettrodomestici, per non doverli tirare fuori dagli armadi ogni volta – valuta bene lo spazio, poi si volta verso il gregario di casa – al limite, potremmo mettere delle mensole, cosa ne pensi?
La spalla del duo matrimoniale è pronto e la molla che ha nel collo fa ballonzolare il cranio.

*
Entrai nell’appartamento e pensai di cercare i soldi senza fretta, ma quando il destino ci si mette, niente va per il verso giusto.
Mentre controllavo i soliti luoghi della cucina, sentii un rumore. Qualcuno stava aprendo la porta con le chiavi.
Incontrare Manuela era un incidente banale, ma rischiava di procurarmi un sacco di problemi, così afferrai un barattolo di pomodori pelati dalla credenza.
Ricordo che entrò in casa e disse: -brutta cosa diventare vecchi.
Quando scattò la serratura, mi sentii in trappola e decisi di agire.
Non so perché feci una mossa tanto stupida, ma non mi fermai a riflettere.
Colpirla in testa e stordirla con un barattolo pieno di polpa per il sugo, mi sembrò un’ottima idea.
Appena mi vide, sbarrò gli occhi e si portò una mano al petto. Aveva 62 anni, forse il cuore non le ha retto, magari era “quasi” morta quando le diedi il primo e unico colpo sulla tempia…
Chi lo sa…
Ora puoi spostare il fascicolo dalla sezione persone scomparse a quello degli omicidi.
Manca qualcosa, te ne sei accorto? Il cadavere dov’è finito?
Ero convinto che lo avreste trovato subito, credevo che un corpo putrefatto in un ambiente chiuso non passasse inosservato, soprattutto perché non è mai stato spostato.
Dove si trova?
Dai, te lo dico, oggi è il tuo giorno fortunato.
In cucina, vicino al lavello c’era una rientranza, ora c’è un muro.
Dove ho preso i mattoni e tutto il resto? Genio, all’epoca stavano ristrutturando… e pensa che sono dovuto ritornare sul luogo del delitto per impilare un po’ di calce e mattoni. Ho solo dovuto comprare il bianco e un pennello, ma per i quarantaseimila euro che ho trovato sotto il materasso, mi è sembrato equo ripitturarle la cucina.
Al momento, lì vive una coppia; lei è una donnetta minuta, rossa di capelli e pallida come un cencio, mentre lui è una pertica ossequiosa che non dice mai di no. Mi piacerebbe vedere la faccia che faranno quando scopriranno che, per quasi quattro anni, hanno ospitato in cucina il cadavere di Emanuela.
Ti saluto, stammi bene e, se ci riesci, prova a scoprire chi sono.

Nota.
Per scrivere questo delirio mi sono ispirato a “l’inquilina murata”, una notizia di cronaca nera riportata sui quotidiani del 1900. Per la precisione, Il 21 marzo in via Canzanella a Napoli, a pochi passi dalla caserma dei Carabinieri, gli inquirenti ritrovarono il cadavere di Agostina Calabrese, murato tra le pareti della casa in cui risiedeva, la cui esatta ubicazione era stata segnalata, due anni dopo il delitto, con una lettera anonima. In quel lasso di tempo diverse famiglie si avvicendarono tra quelle mura, senza mai accorgersi di nulla.
Se una parola è troppa, ma due sono poche, allora preferisco sbagliare per difetto e dire “troppo”. Il rispetto e la fiducia che nutro nei confronti delle forze dell’ordine è sincero e non è in alcun modo rappresentato dal tono sarcastico che emerge dalla lettera, scritta durante la stesura del racconto.
Come si usa scrivere: è solo il frutto della fantasia dell’autore ed è funzionale alla creazione della storia.
So che non c’era bisogno di questa precisazione, ma una parola è troppa e volevo giustificare un difetto!

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