Era il '92 quando in
Italia arrivò il film le Iene di Quentin Tarantino. A essere
obbiettivi, l'evento fu per lo più materiale per gli addetti ai
lavori e una sorpresa per una ristretta cerchia di amanti delle pellicole
di genere. Due anni dopo, nei cinema esce Pulp Fiction e di sala in
sala conquista il mondo. Ricordo che allora scoppiò una febbre per
gli anni '70, per i vecchi successi ripescati dal dimenticatoio e, dal
bar sotto casa sino alle riviste specializzate, era in corso una
guerra pro o contro il regista. Ancora più divertente, era
passeggiare per strada e trovare gente che recitava pezzi più o meno
esistenti della Bibbia (o dei Vangeli per i più soft) e non riusciva
nemmeno a chiedere delle indicazioni stradali senza infilarci almeno
un “fottuto” o resistendo alla tentazione di infilarti una
pistola sotto il naso.
Perché sia chiaro,
io amavo e amo tutt'ora il Maestro. Sarò sincero, l'ho scoperto con
Pulp Fiction e in breve tempo ho recuperato con la visione di Una
vita al massimo e Natural Born Killers di cui il Nostro ha scritto e
contribuito alla stesura della sceneggiatura.
Come molti ero
orgoglioso del successo di questo autore eccessivo e geniale,
irriverente e profondo, visionario e innovativo. Insomma, vedevo un
pezzo di Italia salire alle luci della ribalta e nella mia mente
scattava il collegamento con altri italiani che hanno dato un
contributo profondo alla settima arte. Parlo di artisti del calibro
di Argento, Corbucci, Fellini, Fulci, Leone, Lenzi e molti altri che
non nomino, altrimenti facciamo notte.
Negli anni '60 con
il genere Spaghetti Western alcuni hanno insegnato al mondo,
soprattutto agli americani, come si faceva un film western che
andasse oltre ai cavalli, gli indiani e la prateria. Nei '70 altri
ancora hanno dato lezioni di noir, thriller e horror a tutti. Se non mi
credete, andatevi a cercare film come Non si sevizia un paperino,
Milano Calibro 9, poi ne riparliamo. Ora, a quaranta anni di
distanza, chissà cosa sta esportando il cinema made in Italy e quali
nuovi scenari sta aprendo per il futuro?
Cinepanettoni,
commedie degli equivoci che, per inciso, avevano già esaurito tutto
il campionario già ai tempi di Plauto, o giù di lì, film
drammatici che ruotano attorno a drammi improbabili o problemucci
gonfiati all'eccesso. Rarissime le eccezioni che aprono qualche
spiraglio, Andata + Ritorno, Santa Maradona, Romanzo Criminale,
Cemento armato e pochissimi altri che sono già stati dimenticati e
sepolti.
La situazione non è
grave, è gravissima. Ma riconosco che non ha molto senso continuare
a lamentarsi, così aspetto che l'inconsistente artigianato messo in
piedi dagli anni Ottanta in avanti evapori del tutto nella propria
consistenza.
Nel frattempo mi
dedico al cinema indipendente.
Dopo il mio ennesimo vaniloquio, passiamo alla recensione.
In rete potete trovare due articoli su Insane, uno a cura di Marinella Landi per il portale Non solo Gore e quello di Andrea Bianciardi su Taxidriver.it.
Partiamo dal
presupposto che due giudizi positivi non sono un sinonimo di qualità
del prodotto, ma avendo avuto la fortuna di vedere in anteprima il
lavoro svolto da Eros D'Antona, posso dirvi che è un gran prova di regia e sceneggiatura.
Non sapendo dove
infilare il fottuto, ve lo scrivo qua. Già, perché Insane è un
film che ha recepito la lezione di Tarantino, ma si riallaccia
direttamente alla tradizione italiana di Sergio Leone.
Credete che i nomi
in ballo siano esagerati?
Allora, il 23
febbraio sarà possibile ricevere la copia di Insane direttamente a
casa ordinandola qui
o su molte delle altre piattaforme che si aggiungeranno e, dopo averlo visto,
mi darete ragione.
Partiamo dalla
storia pura e semplice.
Frank è un
pericoloso killer che ha dovuto recidere i legami con la famiglia
mafiosa per cui lavorava e trova rifugio in un piccolo
paesino della Puglia. L'uscita di scena lascia una scia di sangue e
la reggenza del clan passa a una perfida e spietata Katia che, per
pareggiare i conti, assolda Condom e Adam. I due assassini
stravolgeranno la vita di chiunque pur di assolvere al proprio
contratto.
Sono convinto che
senza una buona sceneggiatura anche l'idea più geniale si riduce a
una manciata di sequenze sparate nello schermo e, per quanto possano
essere montate egregiamente, non riescono a trasmettere alcuna
emozione. Ci sono stati molti prodotti che hanno avuto questo
problema, ma la trama di Insane ha uno scheletro robusto; lo sviluppo
dei misfatti (o le conseguenze) non sono facilmente intuibili e non
approdano a soluzioni trovate per caso o, peggio ancora, costruite e
posizionate “a pera” per chiudere il cerchio in cui gli attori
devono impersonare i propri personaggi.
Passiamo alla carne,
la polpa. Molti meriti vanno ad Alex Lucchesi, Roberto D'Antona e
Ivan King. Questo è il trittico su cui si concentra l'attenzione e
che non delude mai. Sono tutti cattivi, ma se Frank ha dovuto
intraprendere un percorso di redenzione, Condom e Adam corrono sulla
corsia del sorpasso nella strada verso la perdizione. Sono sintonizzati sulla frequenza dell'eccesso, ma con sfumature
diverse. Frank è il “bravo” cattivo ragazzo che ha rimesso assieme
i pezzi di un'esistenza distrutta e naviga verso la normalità,
Condom un sadomasochista pittoresco e pericoloso mentre Adam è
tanto silenzioso quanto letale. Attorno a loro non c'è il vuoto ed è
difficile ignorare le performance di Crisula Stafida, David White e Annamaria
Lorusso.
Quest'ultima è protagonista di una recitazione intensa che, assieme all'istrionica interpretazione di Davide Gambarini, da vita a una video esecuzione che tormenta all'infinito il dolore di Frank.
Ne viene fuori una delle sequenze più interessanti che mi sia capitato di vedere.
Intendiamoci, non sono un gradevole contorno ma delle vere presenze in grado di dare spessore a chi ha avviato o subisce la caccia all'uomo.
Quest'ultima è protagonista di una recitazione intensa che, assieme all'istrionica interpretazione di Davide Gambarini, da vita a una video esecuzione che tormenta all'infinito il dolore di Frank.
Ne viene fuori una delle sequenze più interessanti che mi sia capitato di vedere.
Intendiamoci, non sono un gradevole contorno ma delle vere presenze in grado di dare spessore a chi ha avviato o subisce la caccia all'uomo.
Lasciatemi indugiare
e permettetemi di mettere in rilievo Roberto D'antona. Condom non è
solo un pazzo e basta, ma uno psicopatico con del carisma da vendere.
Per interpretarlo non bastano delle battute brillanti e qualche
smorfia. Ci vuole una capacità recitativa di buon livello e,
credetemi, non riuscirete a ignorare la bravura di questo giovane
talento.
Mirko D'antona e Gianluca Busco. Avete presente due poliziotti corrotti? Immaginate la
miglior coppia che vi viene in mente e quei due vi faranno vedere
qualcosa di meglio. Uno è senza freni, l'altro è il contabile e
mandano avanti una onoratissima impresa di associazione a delinquere
con distintivo e pistola d'ordinanza.
Arriviamo alla
pelle, l'estetica. Coloratissima e curatissima che sostiene e
approfondisce a livello visivo tutti gli eccessi e i decessi che
scandiscono il percorso verso la resa dei conti.
Che ci crediate o
meno, è un gioiello prezioso che racchiude sentimenti, vendette,
arti marziali e follia in un unico film… e scusate se è poco!
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