lunedì 28 dicembre 2015

Dalla parte di Insane



Era il '92 quando in Italia arrivò il film le Iene di Quentin Tarantino. A essere obbiettivi, l'evento fu per lo più materiale per gli addetti ai lavori e una sorpresa per una ristretta cerchia di amanti delle pellicole di genere. Due anni dopo, nei cinema esce Pulp Fiction e di sala in sala conquista il mondo. Ricordo che allora scoppiò una febbre per gli anni '70, per i vecchi successi ripescati dal dimenticatoio e, dal bar sotto casa sino alle riviste specializzate, era in corso una guerra pro o contro il regista. Ancora più divertente, era passeggiare per strada e trovare gente che recitava pezzi più o meno esistenti della Bibbia (o dei Vangeli per i più soft) e non riusciva nemmeno a chiedere delle indicazioni stradali senza infilarci almeno un “fottuto” o resistendo alla tentazione di infilarti una pistola sotto il naso.
 
Perché sia chiaro, io amavo e amo tutt'ora il Maestro. Sarò sincero, l'ho scoperto con Pulp Fiction e in breve tempo ho recuperato con la visione di Una vita al massimo e Natural Born Killers di cui il Nostro ha scritto e contribuito alla stesura della sceneggiatura.
 
Come molti ero orgoglioso del successo di questo autore eccessivo e geniale, irriverente e profondo, visionario e innovativo. Insomma, vedevo un pezzo di Italia salire alle luci della ribalta e nella mia mente scattava il collegamento con altri italiani che hanno dato un contributo profondo alla settima arte. Parlo di artisti del calibro di Argento, Corbucci, Fellini, Fulci, Leone, Lenzi e molti altri che non nomino, altrimenti facciamo notte.
 
 
Negli anni '60 con il genere Spaghetti Western alcuni hanno insegnato al mondo, soprattutto agli americani, come si faceva un film western che andasse oltre ai cavalli, gli indiani e la prateria. Nei '70 altri ancora hanno dato lezioni di noir, thriller e horror a tutti. Se non mi credete, andatevi a cercare film come Non si sevizia un paperino, Milano Calibro 9, poi ne riparliamo. Ora, a quaranta anni di distanza, chissà cosa sta esportando il cinema made in Italy e quali nuovi scenari sta aprendo per il futuro?
 
Cinepanettoni, commedie degli equivoci che, per inciso, avevano già esaurito tutto il campionario già ai tempi di Plauto, o giù di lì, film drammatici che ruotano attorno a drammi improbabili o problemucci gonfiati all'eccesso. Rarissime le eccezioni che aprono qualche spiraglio, Andata + Ritorno, Santa Maradona, Romanzo Criminale, Cemento armato e pochissimi altri che sono già stati dimenticati e sepolti.
 
La situazione non è grave, è gravissima. Ma riconosco che non ha molto senso continuare a lamentarsi, così aspetto che l'inconsistente artigianato messo in piedi dagli anni Ottanta in avanti evapori del tutto nella propria consistenza.
Nel frattempo mi dedico al cinema indipendente.

Dopo il mio ennesimo vaniloquio, passiamo alla recensione.

In rete potete trovare due articoli su Insane, uno a cura di Marinella Landi per il portale Non solo Gore e quello di Andrea Bianciardi su Taxidriver.it.
Partiamo dal presupposto che due giudizi positivi non sono un sinonimo di qualità del prodotto, ma avendo avuto la fortuna di vedere in anteprima il lavoro svolto da Eros D'Antona, posso dirvi che è un gran prova di regia e sceneggiatura.
 
Non sapendo dove infilare il fottuto, ve lo scrivo qua. Già, perché Insane è un film che ha recepito la lezione di Tarantino, ma si riallaccia direttamente alla tradizione italiana di Sergio Leone.
Credete che i nomi in ballo siano esagerati?
 
Allora, il 23 febbraio sarà possibile ricevere la copia di Insane direttamente a casa ordinandola qui o su molte delle altre piattaforme che si aggiungeranno e, dopo averlo visto, mi darete ragione.
 
Partiamo dalla storia pura e semplice.
 
Frank è un pericoloso killer che ha dovuto recidere i legami con la famiglia mafiosa per cui lavorava e trova rifugio in un piccolo paesino della Puglia. L'uscita di scena lascia una scia di sangue e la reggenza del clan passa a una perfida e spietata Katia che, per pareggiare i conti, assolda Condom e Adam. I due assassini stravolgeranno la vita di chiunque pur di assolvere al proprio contratto.
 
Sono convinto che senza una buona sceneggiatura anche l'idea più geniale si riduce a una manciata di sequenze sparate nello schermo e, per quanto possano essere montate egregiamente, non riescono a trasmettere alcuna emozione. Ci sono stati molti prodotti che hanno avuto questo problema, ma la trama di Insane ha uno scheletro robusto; lo sviluppo dei misfatti (o le conseguenze) non sono facilmente intuibili e non approdano a soluzioni trovate per caso o, peggio ancora, costruite e posizionate “a pera” per chiudere il cerchio in cui gli attori devono impersonare i propri personaggi.
 
Passiamo alla carne, la polpa. Molti meriti vanno ad Alex Lucchesi, Roberto D'Antona e Ivan King. Questo è il trittico su cui si concentra l'attenzione e che non delude mai. Sono tutti cattivi, ma se Frank ha dovuto intraprendere un percorso di redenzione, Condom e Adam corrono sulla corsia del sorpasso nella strada verso la perdizione. Sono sintonizzati sulla frequenza dell'eccesso, ma con sfumature diverse. Frank è il “bravo” cattivo ragazzo che ha rimesso assieme i pezzi di un'esistenza distrutta e naviga verso la normalità, Condom un sadomasochista pittoresco e pericoloso mentre Adam è tanto silenzioso quanto letale. Attorno a loro non c'è il vuoto ed è difficile ignorare le performance di Crisula Stafida, David White e Annamaria Lorusso.
Quest'ultima è protagonista di una recitazione intensa che, assieme all'istrionica interpretazione di Davide Gambarini, da vita a una video esecuzione che tormenta all'infinito il dolore di  Frank.
Ne viene fuori una delle sequenze più interessanti che mi sia capitato di vedere.
Intendiamoci, non sono un gradevole contorno ma delle vere presenze in grado di dare spessore a chi ha avviato o subisce la caccia all'uomo.
 
Lasciatemi indugiare e permettetemi di mettere in rilievo Roberto D'antona. Condom non è solo un pazzo e basta, ma uno psicopatico con del carisma da vendere. Per interpretarlo non bastano delle battute brillanti e qualche smorfia. Ci vuole una capacità recitativa di buon livello e, credetemi, non riuscirete a ignorare la bravura di questo giovane talento.
 
Mirko D'antona e Gianluca Busco. Avete presente due poliziotti corrotti? Immaginate la miglior coppia che vi viene in mente e quei due vi faranno vedere qualcosa di meglio. Uno è senza freni, l'altro è il contabile e mandano avanti una onoratissima impresa di associazione a delinquere con distintivo e pistola d'ordinanza.
Arriviamo alla pelle, l'estetica. Coloratissima e curatissima che sostiene e approfondisce a livello visivo tutti gli eccessi e i decessi che scandiscono il percorso verso la resa dei conti.
Che ci crediate o meno, è un gioiello prezioso che racchiude sentimenti, vendette, arti marziali e follia in un unico film… e scusate se è poco!

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