Prima
di partire con la recensione vera e propria, vorrei ringraziare
Giulia e Andrea, i due gestori della MiskatonicUniversity. Se vi capita di passare per Reggio nell'Emilia,
capirete subito che non si tratta di una semplice libreria, ma di un
punto di incontro per gli appassionati dei generi Horror, Science
Fiction e Fantasy. Oltre ai titoli di genere che potete trovare nelle
solite classifiche, hanno il pregio di dare spazio anche alle piccole
case editrici, scelta che non molti librai sembrano condividere, e
sono una vera e propria miniera di titoli rari o quasi dimenticati.
Se la distanza vi preclude la possibilità di passare di persona,
nessun problema spediscono in tutta Italia.
Uno
dei loro meriti è che non basano tutta l'attività sulla vendita, ma
organizzano anche una serie di appuntamenti che portano lettori e
autori a qualche sedia di distanza e favoriscono gli incontri
ravvicinati… e, dato il genere trattato, qualcuno potrebbe anche
essere del terzo tipo.
Scherzi
a parte, partecipando al Cut Up Day ho avuto il piacere di conoscere
di persona l'autore che recensirò. Se devo essere sincero, mi piace
leggere ma quando è possibile voglio anche guardare negli occhi lo
scrittore, non solo per collezionare autografi e scattare qualche
foto, attività che comunque fanno parte del gioco, ma per cercare di
dare una sostanza maggiore alle parole su cui avrò il piacere di
passare qualche ora.
E
dopo questa piccola parentesi, arriviamo al dunque.
Paura
del Brujo, Diario di un cacciatore di fate di Stefano Fantelli
è un titolo pubblicato da Cut Up Edizioni nella collana Cartilagini.
Partiamo dal fatto che è qualcosa di più di un romanzo e di un
fumetto allo stesso tempo. Mi spiego, oltre al testo vero e proprio
ci sono molte illustrazioni di Dario Viotti che definiscono
visivamente il mondo che ruota attorno allo stregone.
Si
tratta di disegni in bianco e nero precisi, che puntano a un realismo
essenziale per riprodurre la realtà senza disperderla in numerosi
dettagli. Osservandoli mi sono venuti in menti quei lavori a linea
chiara visti su Diabolik disegnati da Sergio Zaniboni ed
Enzo Faccioni, ma non mancano delle “reminescenze” dei
lavori di Rubén Sosa e Roberto De Angelis, tanto per
citare qualche nome.
I
testi in forma di diario sono delle schegge conficcate sotto il primo
strato della pelle del protagonista, un uomo che oscilla tra la
dimensione umana e quella magica.
La
narrazione copre un periodo di due anni circa, partendo dall'incontro
con l'angelo Manuela, ribattezzata Mela, sino alla “passeggiata”
per cercare Casta, una figlia dispersa di un caro amico, per aiutarla
a uscire da una situazione difficile.
In
compagnia della Morte e di Angelo, un disertore del paradiso, El
Brujo sopravvive in una realtà ai margini fatta di lavori umili,
svolta nei “mattatoi dell'umanità” e interviene per disinnescare
pericoli rappresentati da fate, vampiri, demoni e angeli.
L'immaginario
collettivo è presente e in grado di interferire con la quotidianità,
ma gli attori che rappresentano il male sono distanti dalla
classicità con cui siamo soliti identificarli; le fate non sono
delle rassicuranti creature che addolciscono la vita degli esseri
umani a suon di incantesimi e magie, ma delle splendide presenze
femminili indifferenti all'amore e all'empatia, tratteggiate nel
destino beffardo e crudele di essere troppo cattive per meritare il
paradiso e troppo buone per sprofondare all'inferno. Dagli anni '70
vivono in esilio sulla terra ed è possibile incontrarle nelle
paludi, nei supermercati intente a fare la spesa come un qualsiasi
altro cliente, o possono anche essere l'attrazione principale dei più
sordidi strip club. La femminilità è sicuramente interpretata
attraverso la seduzione, ma dietro alla bellezza si nasconde sempre
un pericolo in grado di colpire e ferire nel profondo il personaggio
principale.
Nonostante
l'impegno, risulta difficile intrappolare le avventure in un genere
preciso; si tratta di vicende weird da cui emerge una dimensione
esistenziale e una psicologia che vanno oltre al semplice
intrattenimento. Niente di noioso, sia chiaro. Non vi aspettano
pagine di speculazioni metafisiche sulla connessione tra chissà
quali misticismi, astrusi sofismi parafilosofici o precisi formulari
magici, ma il racconto brillante di uno scrittore/stregone che si
innamora sempre della vita, nonostante un cuore bruciato.
Lo
stile attrae verso un mondo famigliare, fatto di trascorsi e precisi
riferimenti letterari e musicali. Bukowski, Céline,
Rimbaud, Hemingway ma anche la carica rock di Iggy
Pop o la malinconica sensualità dei The Doors non sono
preziose citazioni per esibire una sterile conoscenza accademica, ma
diventano parte integrante della voce del Brujo e delle situazioni in
cui si muove.
Una
lettura in grado di appassionare non solo chi già naviga in un
genere che, purtroppo, in Italia non conosce una particolare fortuna,
pur avendo tra i propri ranghi testi di tutto rispetto.
Uno
degli episodi che ho preferito è “Beagle (ovvero la notte in cui
la morte tornò)”. Brujo e Mela stanno vivendo un periodo di pace e
serenità, tutto sembra andare per il meglio ma Morte si presenta e
deve prendere un'anima…
Vi
assicuro, vi ritroverete con la tentazione di lasciar scorrere una
lacrima.
Per
una serie di circostanze il fantasma di Hemingway che in vita ha
inventato un cocktail, sostenuto un incontro di pugilato per quindici
round, è entrato vittorioso in una città spagnola e si rifaceva gli
occhi sui seni delle donne con i capelli del colore dei mirtilli, uno
che, tanto per intenderci, ha ingoiato emozioni e defecato
letteratura, accusa Brujo/Fantelli di non essere capace di scrivere.
Secondo
me, l'ectoplasma criticone si sbaglia ma se volete scoprire il
perché, dovete leggervi Paura del Brujo, Diario di un cacciatore di
fate.
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