Da
quando mi è presa la mania di mettere in fila delle parole, uno dei
consigli che mi sono sentito ripetere più spesso è stato quello di
leggere.
Nel
tentativo di tracciare una rotta o - se siete più fatalisti – di
accettare il proprio destino, il primo consiglio in merito alla
scrittura è piuttosto vago.
Cosa
e quanto devo leggere poi, perché “sprecare” del tempo prezioso
rimandando la soddisfazione della libido scrittoria, quando posso
iniziare sin da subito a tessere una trama?
Mai
sentito dire che “il cane frettoloso partorisce cuccioli ciechi”
e che “un cieco e un ignorante procedono allo stesso modo”?
Oppure, senza spolverare vecchie citazioni latine, qualcuno vi ha mai
consigliato il classico atteggiamento prudenziale “prima di fare
qualunque cosa, conta sino a dieci”?
Nell'epoca
in cui quasi tutto è a portata di mano e il consumo veloce si è
imposto come regola di vita, passare del tempo a riflettere equivale
a fermarsi, scendere dalla cresta dell'onda e rimanere indietro. Si
corre il rischio di essere sotterrati nella discarica dove giace
il passato e non proiettati verso un futuro radioso e meraviglioso.
Che
senso ha?
Non ha senso attardarsi e rovistare “nell'immondizia” per salvare
gli scarti quando, non senza una certa vitalità, si può edificare
il domani con le novità.
L'ansia
da accelerazione che spinge sempre avanti è un tarlo che divora sia
il pilota che il motore; Michelangelo dovette andare “a bottega”
prima di manifestare il proprio estro e iniziare a creare capolavori,
ma le connessioni immediate di cui è possibile fruire oggi riducono,
molto spesso azzerano, la necessità di compiere un processo di
crescita e consapevolezza delle proprie potenzialità.
Per
molti è meglio stare al centro del palco, recitare con il fiato
corto la propria parte davanti a un pubblico che restare dietro alle
quinte a imparare l'arte.
L'alta
diffusione dei mezzi di comunicazione e la facilità di accesso a
questi teatri virtuali fa cadere la distinzione tra attore e
spettatore, trasformando tutti in specchi che si rimbalzano la stessa
immagine spacciandola per originale.
A
questo punto, ha senso leggere prima di mettersi a scrivere?
Non
è necessario, è indispensabile. Non tanto per sfoggiare nozioni e
conoscenza, il sapere si utilizza non si espone, ma per delineare a
seconda dei propri gusti una identità che sia più solida del
dilettantismo che dilaga ovunque.
Ci
stiamo sciogliendo nel nulla di cui siamo composti. Non sono un
aristocratico della cultura, né mi preme avviare o agevolare un
processo elitario di restaurazione dei tempi andati ma dovremmo invertire la rotta, recuperare ciò che ci
sta alle spalle e cercare quel detrito che sia il punto di
appoggio per scalzare i compromessi che viviamo per non annegare
nella crisi culturale.
Nel
'69 l'opera passò dalla carta alla pellicola e lo scrittore diresse una riduzione
per il grande schermo ma, nonostante il cast di tutto rispetto,
deluse sia la critica che il pubblico.
Kazan segnò la carriera di molti colleghi, ci riuscì con le
proprie opere e con la delazione. Negli anni '50 fu un
attivo collaboratore della Commissione McCarthy, una folle quanto
ostinata epurazione del rosso dai colori disponibili a Hollywood.
Le
spie non piacciono a nessuno e così, quando la caccia alle streghe
si rivelò per quello che era, fu punito per il suo operato, ma dal
suo percorso esistenziale controverso uscirono delle testimonianze di sicuro valore che non possono essere dimenticate.
Il protagonista indiscusso del romanzo è Eddie Anderson, un uomo spostato che distrugge la sua esistenza quando si innamora di Gwen, la sua amante. Se ridotta ai minimi termini, la trama non sembra essere nulla di nuovo, ma non è la solita paccottiglia letta e riletta, poiché oscilla tra Il candido di Voltaire e Il grande sonno di Chandler, due opere che non hanno punti di contatto, ma Il compromesso riesce a essere l'odissea compiuta dall'amante per ricongiungersi all'amata con i toni e le riflessioni degne di un noir.
Eddie
non è un personaggio lineare, piuttosto è una entità che si
scompone a seconda dei nomi che assume; ne ha uno quando è il figlio
che non riesce a essere all'altezza delle aspettative paterne, lo
cambia quando è il pubblicitario di successo e firma con uno
pseudonimo quando è il giornalista che ricerca la verità.
A
seconda della parte che recita, il protagonista indossa una maschera,
ma Gwen è quel buco nero che fa collassare tutti i compromessi,
riconducendolo a quell'unità da cui è sempre stato attratto.
Il
compromesso è scritto in prima persona ed è in grado di fidelizzare
anche il lettore più distratto grazie anche a uno stile minimalista
che non manca di stupire con alcune frasi di sicuro effetto.
Non
senza una certa ironia e una buona dose di sorrisi amari, denuda la
società dal velo dell'ipocrisia e raggiunge profondità di pensiero
inaspettate.
È il racconto della crisi di Kazan che, esiliato da Hollywood e spinto ai margini del suo mondo, è stato capace di osservare con lucidità le contraddizioni del suo tempo.
In
merito a quanto detto in apertura della recensione, è una lettura da
fare perché ha molto da insegnare. In generale, non è la medicina
per aiutarci a guarire dalla nostra condizione, ma potrebbe essere
quel veleno che sbilancia l'equilibrio di tutti i nostri compromessi.
Il compromesso di Elia Kazan. Riproposto in formato e-book da Bookmark Literary Agency.
Nessun commento:
Posta un commento