Ogni tanto mi ricordo che scrivo. Così, anzichè lasciare i racconti nel cassetto e farli invecchiare, li pubblico sul blog e.... quel che sarà, sarà! :)
Se vi fa piacere, buona lettura.
La penultima della lista.
Il
parapetto del ponte è alto, troppo alto. Eva ha le gambe corte ma un po' di
ferro non le impedirà di scendere a Porta Inferno.
Perché
quello è il capolinea per i suicidi.
- Ero
sicuro di trovarti qui – dice Francesco, appena smonta da una Grande Punto più
scassata che grigia. Il ragazzo ha una calamita in tasca per attirare le belle
donne, non ha bisogno di trucchi e uno strato di soldi per rigirarsele tra le
mani.
Detto
questo, al momento, Eva è la penultima della lista.
- Non
posso vivere senza di te - l'aspirante suicida risponde e, per la cronaca, sta
come in primavera un vaso di gerani sul balcone.
Arrivata
in ritardo per essere la prima e troppo in anticipo per essere l'ultima, vai a
capire perché, si era messa in testa di essere quella giusta. Pensava di
riuscirci per via dei capelli rossi o per il fisico mica da ridere che si
ritrova insomma, credeva di farcela a placcare la corsa verso il piacere
illimitato del maschio in questione.
La
bassezza lasciatela perdere, non è davvero piccola, svetta almeno un paio di
leghe su Puffetta, senza essere blu, ovviamente.
Francesco
si stacca dalla carrozzeria e si avvicina al bordo della carreggiata.
- È
finita, te ne vuoi fare una ragione?
- No,
non è finita.
Non
ne sono sicuro, ma la ragazzetta sembra convinta dell'asserto secondo cui:
negare sempre e comunque la realtà è la ricetta per cucinare una vita salutare.
Quindi,
cosa sarà mai raddrizzare le curve di un paio di corna? Un paio di “non è vero”
ed è fatta, giusto?
- Ma
dove vivi, tra noi non funziona perché, – Francesco cambia la direzione dei
pensieri, arresta la lingua. Scaricare la colpa su Eva non è una buona idea.
Per non restare in silenzio, sputa fuori una delle tante sciocchezze biascicate
dai suoi neuroni. - Ci amiamo, ma siamo incompatibili - dice, non senza
atteggiarsi.
Così
va meglio, d'accordo, la frase non sta in piedi nemmeno se la inchiodi al muro,
ma scarica la colpa sul destino e getta un ponte…
No,
meglio se la combinazione getta e ponte non la uso per rendere l'idea.
- È
colpa tua, sei tu a farmi male. - La voce di Eva sale di un'ottava e incespica
nel fiato corto.
Le
poche nozioni per impedire un gesto estremo Francesco le ha apprese dalla
televisione. Per anni ha visto il buono avvicinarsi quatto quatto e, dopo un
paio di parole giuste, lo vedi balzare
modello leone sul pranzo travestito da gazzella.
Funzionerà
o non funzionerà lo schema?
Eva
squadra il primo passo, striscia sulla ringhiera e si ostina a sfoggiare
l'odiosa intenzione di farla finita.
Francesco
non si arrende, mette in fila anche il secondo passo.
Lei
trasla di una distanza equivalente.
La
lontananza tra i due rimane costante.
Peccato,
l'idea era buona, l'applicazione lascia a desiderare. Francesco era concentrato
al punto da scordarsi di infilare qualche bugia tutto zucchero e canditi.
- E
poi, - prosegue lei – andando a scopare con quell'altra pensavi di migliorare
la nostra storia?
- Colpa
tua, non me la mollavi mai.
Il
latin lover ha una passione per gli elastici. Da quando ha smesso di gattonare
per il salotto, ha sempre risolto i fastidi allo stesso modo; tende il problema
sino al limite, poi lascia le estremità per spararlo verso il bersaglio di
turno.
Sia
chiaro, non si è inventato nulla. Fa quello che facciamo tutti ogni santo
giorno. Dalla sua ha una buona mira e non sa cosa siano gli scrupoli.
Voi
nemmeno ve lo immaginate quanto bene dorme la notte, o forse si?
- È
solo sesso per te? - Eva fa per staccarsi dal parapetto per usare l'amato alla
stregua di un tiragraffi, ma non è una gatta e sa che, se vuole minacciarlo,
deve sporgersi di più.
Detto
fatto. Memore delle lezioni di danza si solleva sulle punte dei piedi.
- È
cosa dovrebbe essere? D'altronde – un rumore secco interrompe l'esecuzione del
solito disco ormonale inciso dalla libido di Francesco. - Cos'era? - chiede,
facendo dondolare la testa verso ogni dove.
- Era
amore, non te ne sei accorto?
- Ma
no, cosa hai capito, non tra noi. Non hai sentito anche tu quel rumore?
-
Quale rumore?
- Un
ramo spezzato, una cosa così. - Per essere più chiaro, mima il gesto con le
mani e schiocca la lingua sul palato.
-
Ecco, lo vedi, sei distratto. Magari ti è sfuggito, ma guardati attorno, siamo
su un cazzo di ponte in mezzo a un cazzo di bosco.
In
effetti lo spazio da una collina all'altra è tappezzato da piante secche,
foglie morte e scricchiolii di vario genere e natura.
Francesco
non è Ulisse, nessuno lo ha legato a un palo. Di fatto, è libero di lasciarsi
ammaliare dal richiamo e scoprire
l'identità della Sirena dell'occasione.
-
Dove stai andando?
-
Tranquilla, torno subito.
Ben
distante dal ring di chiacchiere, si sporge oltre il buonsenso e divaga con lo
sguardo tra i rami del bosco.
Di ritorno
dal torrente, se ne va una volpe solitaria. Con il pelo fulvo e la luce fredda
emanata dal satellite a zonzo attorno al pianeta, l'animale pare un fantasma a
passeggio.
- Ma
dai, l'hai mai vista una volpe?
Francesco
da sempre vive in mezzo ai palazzi. Il suo concetto di natura coincide per
estensione, profondità e significato con i giardinetti comunali del quartiere,
quindi rimane affascinato da una tale apparizione.
Con
la domanda si è guadagnato una nuova fetta di pubblico.
Per
l'animale gli umani non sono una prima visione, ne ha già visti parecchi. Pur
essendo consapevole dell'evidenza della cattiveria di chi non ha quattro zampe,
o un paio di ali, sostiene lo sguardo, non si lascia intimorire, fissa la
scimmia troppo evoluta con quell'aria di sfida alla: “vuoi una foto?”.
Francesco
estrae il cellulare dalla tasca dei blue jeans. - Dove cavolo è il flash in
'sto coso? - striscia i polpastrelli sul display e, quando è soddisfatto,
scatta la foto.
Vi
giuro, prima di schiodarsi dalla scena, la volpe scuote la testa contrariata.
-
Cosa stai facendo, torna qui o mi avrai sulla coscienza.
Francesco
ha già perso l'interesse per il soggetto, pianta il naso nello schermo. Parte
il secondo round con la quasi ex amante, stando bene attento di abbreviare la
distanza iniziale.
Non è
cattivo, vuole afferrarla prima dell'ultimo istante.
Cambia
tattica e forza la mano. Si ferma qualche centimetro prima che un balzo recida
la piacevole chiacchierata.
-
Guarda, la vedi? – gira l'elettrodomestico portatile ed esibisce l'ammasso di
pixel scuri.
- Non
si vede nulla - risponde lei.
- Ah,
se uso un filtro, - Francesco rotea il polso e si riappropria del posto in
prima fila, balla il tip tap con l'indice e il medio – cosa ne pensi?
Mostra
l'immagine graficamente modificata.
Sembra
una cartolina di un'estate marziana. Certo, con una buona dose di fantasia si
possono vedere una coda e un paio di orecchie, ma la troppa sovraesposizione
alla luce, così mi pare si dica, appiattisce l'inquadratura cancellandone i
dettagli.
Eva
non parla, scuote la testa e mette in moto i riccioli.
-
Dammi retta, - Francesco cerca di distrarla dai propositi nichilistici - se la
guardi bene la volpe la vedi eccome, te la mando?
-
Lascia stare, il cellulare l'ho lasciato a casa. Inclina, – incalza lei, nel
tentativo di focalizzare meglio lo scatto e scoprire se ci sia o meno un verso
corretto per analizzarla.
Allunga
l'indice per indicare la direzione.
Francesco
equivoca, inclina sì, però dalla parte sbagliata.
Eva fa
per prendere il surrogato telefonico delle relazioni sociali, ma finisce per
essere lei quella presa.
Pericolo
scampato, è finita la sceneggiata del “stasera mi butto”?
Quando
mai. Eva strattona tanto quanto un coccodrillo alle prese con un elefante e riesce
a liberarsi. Complice la temperatura corporea che tende a umidificare i palmi.
Per l'occasione, il sudore è un buon lubrificante.
- Non
ci provare nemmeno, non mi puoi salvare - strilla senza pietà.
L'intenzione
femminile funziona meglio di quella maschile. La volontà è donna, non si perde
in chiacchiere e tende a diventare concreta.
Eva
la smette di fare la piantina sospesa. Si arrampica sulla ringhiera,
attorciglia le gambe alle sbarre. Non ha troppa fretta di farla finita, le
nocche delle mani sono bianche per quanto stringono, se avesse qualche grammo
in più di muscoli arriverebbe anche a deformare il metallo pur di non cascare,
eppure si ostina a cercare l'uscita di scena.
- No,
non farlo. - Francesco alza le mani, ha confuso un tentativo di suicidio con
una rapina, ma non ha avuto il tempo di rendersene conto.
Nella
foga lo smartphone è volato giù.
-
Fottiti, dovevi pensarci prima. - In bilico tra l'asfalto e lo spiccare il
volo, getta un'occhiata nel vuoto.
Le
vertigini entrano dagli occhi e le sbranano lo stomaco.
Ondeggia,
barcolla ma l'equilibrio l'aiuta a restare tra i vivi.
- Ti
prego Eva, scendi di lì. - Per risultare convincente, cala le mani verso il
suolo e inghiotte quel poco di saliva rimasta incastrata tra i denti, perché la
bocca è più asciutta del deserto.
-
Affacciati.
-
Cosa?
- Ci
sei o ci fai? Per andare con le altre capisci al volo. Ti ho detto di
affacciarti, riesci a capirmi?
-
Certo che ti capisco, ma perché dovrei farlo? - Arretra di un passo.
Un
altro rumore incrina la notte, questo è diverso sembra uno scricchiolio.
Proviene dalla Eva mobile, una Cinquecento gialla nuova di pacca.
Un'autovettura
minuta tagliata su misura per lei.
Il
Rodolfo Valentino del circondario volta il testone un paio di volte.
In
verità, con la testa fa un giro giro tondo.
-
Cos'hai?
- Un
rumore, lo hai sentito?
-
Ancora con 'sti rumori, non ho sentito niente, ora cosa vuoi fare? Vuoi
fotografare la macchina, eh? Il tuo problema è che ti distrai troppo
facilmente. Valeria con cosa ti ha distratto, le è bastato schioccare le dita?
- Ma,
– abbozza colpevole – non ho più il cellulare.
- Il
cellulare?
- Si,
mi è caduto.
- La
vuoi smettere di perdere tempo e ti decidi a fare quello che ti ho detto?
-
Obbedisco – risponde intonando la propria intenzione alla camicia rossa che
indossa.
-
Cosa vedi?
-
Cosa devo vedere?
Impegnato
com'era a scrostarsi di dosso le ragazze, Francesco non è mai stato una cima
nel decifrare le poesie, le metafore e le domande femminili.
A
dire il vero, delle donne capisce bene i punti deboli per sfruttarli in vista
dei suoi fini.
Lo
so, non esistono soltanto il bianco e il nero, quindi non tiratela lunga con il
grigio, ma alla fine due sono i tipi di uomini: i piantatori e i raccoglitori.
I
primi fanno sbocciare una storia sana e robusta, gli altri non coltivano perché
i frutti li raccolgono e basta.
Francesco
è un raccoglitore, se capite cosa intendo.
- Non
vedo nulla – prosegue, aspettando qualche indicazione.
Prima
che Eva parli, nell'attimo in cui tace, sente una nuova serie di rumori fuori
luogo.
Questi
sono ovattati, intonano lo stesso accordo delle suole di gomma sull'asfalto.
-
Aspetta un attimo, - solleva lo sguardo - se non hai sentito il rumore, come
facevi a sapere che proveniva dalla macchina e che ne sai tu di Valeria? - Si
volta, ma è troppo tardi quando vede la sorpresa.
Valeria
sta correndo verso di lui. Tra i capelli e i vestiti neri, poco o nulla si vede
del resto del corpo. Il volto pallido a
mezz'aria trasuda odio.
Quando
Francesco si volta non deve ragionare troppo, capisce che le mani della terza
incomoda sul suo petto non sono il preludio di una notte d'amore, ma uno
spintone per scaraventarlo oltre la ringhiera.
Si
sente leggero.
Se
fosse una piuma, volteggerebbe nell'aria libero di vedere il mondo da una
prospettiva diversa.
Sorride
mentre precipita. - Almeno mi farò un bagno - si dice, per non pensare alla
morte.
Mentre
scende veloce al piano di sotto mette un urlo che nemmeno i polmoni di Tarzan
potevano sognare.
- Non
è meglio se scendi da lì? - Valeria porge una mano e attende che Eva accolga
l'invito.
La
rossa accetta, appena tocca terra abbraccia la complice.
Tranquilli,
niente di sessuale o giù di lì, si tratta di una morbida recinzione d'affetto.
- Ha
avuto quello che si meritava – dice l'equilibrista, facendo un cenno verso la
soluzione del problema.
- Lo
amavo.
-
Anch'io, ma ci avrebbe lasciate.
Esaurita
l'adrenalina, l'esistenza torna a scorrere sui soliti binari. Quelli in cui
l'omicidio non è una vendetta a caldo, ma un dettaglio che può farti finire per
trenta anni nelle patrie galere.
Tanto
per dire.
-
Crederanno al suicidio?
- E perché
non dovrebbero?
Terminato
l'abbraccio a unire le due c'è un segreto in comune.
Eva
torna dov'era, senza fingere di buttarsi. Mette gli occhi a fessura, poi: -
guardalo, sembra uno che ha fatto un tuffo.
-
Dici?- Valeria si accomoda per godersi lo spettacolo.
- La
macchina abbandonata sul ponte, il cadavere spalmato sulle pietre, cos'altro
può essere?
- Un
delitto perfetto? - Valeria chiede quando riesce a distinguere i contorni del
fu maschio alfa.
- Sai
qual è il delitto perfetto?
- No.
-
Quello commesso senza complici.
Eva
non mangia spinaci a colazione, non ha la pelle verde. Gli basta una
spintarella perché Valeria vada a tenere compagnia a Francesco.
Rimane
sola quando la forza di gravità compie il suo dovere e le grida di lei spaccano
quel poco silenzio che c’è intorno.
- Che
teneri, marcite assieme e spero ne passi di acqua sotto il ponte prima di
rivedervi sulle prime pagine dei giornali – dice, strofinandosi le mani.
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