A un’ora improponibile mi piazzo
davanti alla tastiera per scrivere un post sulla giornata di ieri. Se ancora
non lo sapete, sono iniziate le riprese di Perdere la testa, un cortometraggio tratto dall’omonimo racconto
scritto da un tal Mirko Giacchetti.
Esatto, sono io.
Allora, cerco sempre di evitare
con cura di parlare di quello che scrivo o di quello che faccio e non per una
semplice questione di educazione ma, soprattutto, per rispetto. Mi spiego
meglio, è facile dar libera uscita alle chiacchiere per farsi siparietti e
scalini vari su cui salire solo per guardare dall’alto al basso gli altri.
Prima di costruirsi corone, troni e altari sarebbe opportuno ricordare che c’è
sempre chi ha fatto più e meglio (talvolta tanto meglio).
Detto questo dovremmo
tutti ammutolire e smettere di fare o dire qualunque cosa? In merito alle
flatus vocis penso che sia opportuno risparmiarne il più possibile, magari le
si dovrebbe conservare per quei momenti in cui parlare a ragione può fare la
differenza, così non rimane che fare… sempre più e al meglio delle proprie
possibilità.
Davvero, la superbia e la
prepotenza sono due cose che detesto. Ok, detto questo in barba a ogni coerenza
mi metto a chiacchierare di me e di quello che faccio.
Perdonatemi, ma l’emozione è così
grande che non riesco a trattenere le dita sulla tastiera.
Perdere la testa è un racconto
che scrissi quattro anni fa e che potete trovare qui. Mi ricordo che volevo creare una situazione feroce e disturbante, quindi
cercai di prendere l’idea per il verso giusto e darle una forma scarna, secca, disidratata
da qualunque sentimento.
Per quanto ci raccontiamo e
crediamo alla favoletta che la rete sia un bel posto in cui libertà e
opportunità sono di casa, quotidianamente possiamo constatare che non è così;
bufale incredibili hanno un seguito e una condivisione virale e il web diventa troppo
spesso una terra inospitale agitata da polemiche inutili e idiote fabbricate e
montate ad arte da menti deboli.
Bene, nonostante tutto Perdere la testa si è difeso bene e ha
ricevuto qualche apprezzamento. Inutile dire che ringrazio tutti quelli che
hanno speso un po’ del loro tempo per leggerlo e farmi sapere cosa ne
pensavano. Io lo riscriverei dalla prima all’ultima riga, ma questa è un’altra
storia.
Grazie a tutti, davvero.
Tra l’emozione che mi faceva
tremare la mano e nel tentativo di stare il più lontano possibile dalla
macchina da presa – per non fare danni – la foto non è un granché, tutta colpa
mia, ma sappiate che la realtà è molto più bella!
Da dove iniziare? Da Nadia Rossella
Santoro.
Vederla interpretare (bene,
benissimo) un personaggio che si è staccato dal mio cervello direi che è quanto
di meglio potessi desiderare. È brava, ha una buona presenza scenica…Vorrei
farle altri venquattordicimila complimenti, ma mi trattengo.
Bravissima e grazie.
Vi invito a seguirla sui social
network, ne vale la pena.
Ecco, a voler essere simpatico
questo è lo scatto con quello che l’ha pensata, quello che l’ha tradotta,
quello che l’ha intrappolata. No, non siamo The God, The Bad, The Ugly ma Mirko
Giacchetti, Luigi Donadono ed Enrico Omodeo.
Luigi ha apprezzato fin da subito
il racconto, il fatto che fosse nelle sue corde ha fatto sì che si passasse
dalla carta alla pellicola. Il suo è un adattamento, ci saranno delle
differenze, è la persona giusta per visualizzare tutta la crudeltà che avevo
pensato e in grado di aggiungere quel qualcosa che in più che a me era mancato.
Moltissimi anni fa mia nonna -
per rimproverarmi – diceva sempre: dove hai gli occhi, hai le mani. Ecco, anche
se mi sforzo non trovo parole migliori per Enrico. Credetemi, riprendere non è
una cosa semplice, per fortuna ci sono persone come lui che… hanno gli occhi
dove hanno le mani.
Bene, ora la smetto.
Anche se in futuro ci saranno
altre gustosissime novità!
Grazie dell’attenzione e della
lettura.
A presto.
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