Poteva essere il ’93 o giù di lì
quando in un giorno solo feci un viaggio di andata e ritorno da Torino a
Venezia. Una prenotazione telefonica e due biglietti del treno furono lo
stretto necessario per riuscire a vedere dal vivo questo meraviglioso trittico.
Sono tutte opere di anonimi anche se, di volta in volta, la realizzazione viene attribuita ad artisti importanti tra i quali Piero della Francesca o Leon Battista Alberti, solo per citarne qualcuno.
In breve, e senza voler vomitare
quelle quattro cose che so del Rinascimento, raffigurano la città ideale in
bilico tra utopia e matematica e sono il segno più tangibile dell’allontanamento
dalle fortificazioni medievali come modello di città e di vita pubblica.
Ho sempre creduto che erigere
muri, scavare fossati e isolarsi da tutto non sia la soluzione, anche perché tende
a tirare fuori il peggio dagli autoesclusi. Sono consapevole che la situazione
politica ed economica del mondo non sia facile ma, ripeto, la soluzione non è tirare
su muri più alti o scavare fossati più profondi.
Il tema degli effetti collaterali
dell’isolamento è presente nella produzione di J.G. Ballard, specie in Un gioco
da bambini. Titolo forse meno noto rispetto a Il condominio, Millenium People,
Crash, La mostra delle atrocità e L’impero del sole. Il romanzo è ambientato
nel 1988 a Pangbourne, una residenza costruita a pochi chilometri da Londra e che
anticipa sulla carta - di almeno una decina di anni - la citta Heritage Park progettato
da George Hazeldon.
Il centro residenziale descritto
da Ballard dispone di molti servizi interni al punto da essere quasi
autosufficiente, gli unici estranei ammessi sono i domestici a servizio presso
alcune famiglie, ed è protetto da una rete metallica dotata di un sistema d’allarme
elettronico sorvegliato costantemente da guardie armate, cani addestrati e
videocamere.
I residenti hanno tutti raggiunto
un benessere economico, svolgono professioni di prestigio e all’interno della
comunità conducono una vita in cui ogni singola azione è volta a massimizzare
la felicità di ogni membro.
Non esiste criminalità, il
degrado non trova spazio nella razionalità e nella cura con cui è gestito il
complesso Pangbourne, in tutto e per tutto simile a una cittadella medievale. In
quello che doveva essere il paradiso sociale però avviene un massacro. Tutti
gli adulti vengono brutalmente uccisi, pur essendo protetti da ogni sistema di
sicurezza disponibile, e i tredici figli sono stati rapiti.
Con l’aiuto del Sergente Payne
del Cid e nonostante la pressione dell’opinione pubblica e del governo, il
dottor Richard Greville dovrà scoprire cosa è successo nella mattina del 25
Giugno e vedere quanta follia si nasconde dietro a delle esistenze perfette.
Il motivo che mi spinge a segnalare questo libro è molto semplice. Spesso e volentieri le notizie di cronaca ci raccontano come la perversione trovi terreno fertile in realtà isolate. Inoltre, non amo i circoli
esclusivi, i gruppi chiusi e le menti troppo strette. Se in un locale fanno
selezione all’ingresso, non mi fermo nemmeno a fare la coda perché ci si può
divertire anche altrove e poi mi annoio a trovare le differenze tra chi è
dentro e chi è fuori.
Un gioco da bambini di J.G.
Ballard. Feltrinelli editore, collana Universale economica. 92 pagine, € 7,00.
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