Nel ’97 decisi di diventare Matteo, il mio fratello gemello.
No, per quanto non ne abbia la certezza, non si tratta dei primi sintomi della
mia schizofrenia ma la storia di un “semplice” scherzo che architettai con la
preziosa complicità di un amico.
All’epoca avevo capelli sino alle spalle, un pizzetto lungo
una spanna e vestivo per lo più di nero. Non sembravo un tipo raccomandabile e,
forse, nemmeno lo ero. Un pomeriggio, non sapendo cosa fare, entrai dal
barbiere e gli lasciai buona parte della chioma e tutta la barba. Ripulito com’ero,
sia il tabaccaio che l’edicolante di fiducia non mi riconoscevano.
Così decisi di mettere in piedi lo spettacolo.
Prima di uscire con gli altri, andai da Andrea. Mi conosceva
da una vita, sapeva tutto di me ed era il complice perfetto.
Ovviamente accettò.
Mi inventai una storia sulla mia assenza, dissi che ero
partito per un concerto all’estero (Rolling Stones – The Bridges to Babylon
Tour) e io Matteo ero rientrato dall’università per venire a trovare i miei
genitori. La messa in scena durò una settimana. Il concerto era due giorni
esatti dopo la partenza, ma io Mirko non ero il tipo da prendere la via più
breve per tornare e io Matteo, anziché stare a casa, uscivo con Andrea…
Per fare funzionare il tutto però non bastò un taglio di
capelli, mi preparai nei minimi dettagli. Dovevo essere “diverso”, cercai di dimenticarmi chi ero, mi inventai una biografia, presi in
prestito qualche giacca e qualche camicia dall’armadio paterno, mi finsi
mancino e iniziai a recitare la parte di quello che non ride mai e ti giudica –
male- qualsiasi cosa tu dica o faccia.
Insomma, il classico str**zo.
Nonostante volessi "rivelarmi", lo scherzo riuscì, tutti si lamentavano di Matteo e si
chiedevano come mai due gemelli fossero tanto diversi.
Per essere un altro non basta celare il viso con una
maschera o nascondersi dietro una valanga di parole. Si devono tagliare tutti i
ponti con il passato, altrimenti ci raggiungerà e finirà per plasmare la nuova identità sino a renderla un doppione con il carattere e il destino di quella vecchia.
Questo è il problema del protagonista del romanzo La
Fuga di David Goodis.
Ingiustamente accusato di uxoricidio, Vincent Parry viene rinchiuso a San
Quentin. Approfittando di un vero e proprio colpo di fortuna riesce a evadere e,
dopo aver aggredito un uomo nel tentativo di procurarsi una macchina e dei
vestiti nuovi, riceve l’inaspettato aiuto di una ragazza che ha sempre creduto nella sua
innocenza.
A causa del processo e della fuga, la sua foto segnaletica è
su tutti i giornali e chiunque a San Francisco può riconoscerlo. Non gli rimane
altro che ricorrere alla chirurgia e cambiare volto.
Ma il passato è troppo vicino e la storia si ripete quando
un altro omicidio simile a quello della moglie lo costringe a indagare per
dimostrare la propria innocenza.
Si tratta di un hard boiled scritto nel ‘46, asciutto ed
essenziale nello stile e nell’intreccio. Può risultare “innocente” per lettori
troppo esigenti, ma dalla sua ha una trama efficace, capace di affamare e
pretendere lunghi sorsi di lettura.
Da questo romanzo fu tratto La fuga, film del ‘47 con Lauren
Bacall e Humphrey Bogart.
Devo aggiungere altro?
Devo aggiungere altro?
La fuga di David Goodis. Fannucci Editore. 2004, 222 pagine.
Nessun commento:
Posta un commento