Non cerco di sponsorizzare una
collana che raccoglie i casi di cronaca nera del nostro paese, gli omicidi non
hanno certo bisogno di altre morbose attenzioni da quando sono diventati pane e
companatico della tv generalista. Dovrebbero essere relegati solo agli inquirenti
e ai giudici, perché le giurie popolari televisive servono all’omicida per travestirsi
da innocente.
Prima, durante e dopo il delitto,
l’assassino è il protagonista. Interessa ai giornalisti, alle forze dell’ordine,
ai magistrati mentre alla vittima viene spesso destinato il ruolo della
comparsa.
Con la diffusione dei mass media
e dei social network la situazione è peggiorata. Vengono messi a disposizione i
salotti buoni per offrire l’opportunità all’indagato di asciugarsi le lacrime
davanti una telecamera con il fazzoletto dell’avvoltoio di turno, si scrivono libri
a discapito di parecchi alberi o si riempiono le pagine dei giornali scandalistici
racimolando l’eventuale consenso di alcuni complici morali che arrivano a
scatenare campagne diffamatorie contro chi non c’è più.
In fondo, per quanto brutale
possa essere, chi è morto sta sotto due metri di terra, non può ribattere o far
valere le proprie ragioni. Poi, pur di essere l’artefice di un post controverso
e godere di un frammento di celebrità, alcuni sono disposti a tenere le vesti
del carnefice.
Lo so, la situazione è molto più complicata
e tragica di quello che sembra. Le quattro righe che ho scritto servono più a
dare una forma ai miei pensieri e hanno la speranza di stimolare qualche
piccola riflessione a chi ha la pazienza di leggerle.
Detto questo, passiamo alle cose
interessanti.
In questi giorni ho avuto il
piacere di perdermi tra le pagine de La scelta del buio di Piergiorgio Pulixi,
autore capace di scrivere trame di sana e robusta costituzione e inoltrare il
lettore verso le zone d’ombra dell’animo umano. Questo titolo segue a Il canto
degli innocenti e ritorna a narrare le vicende di Vito Strega, Commissario di
polizia della sezione omicidi con una laurea in psicologia, una in filosofia,
una in giurisprudenza e di alcune esperienze militari segretate.
Un uomo dotato di saldi valori
morali, uno spiccato senso della giustizia, un intuito formidabile che lo porta
a “sprofondare” nel delitto sino a scoprirne il cuore nero. Caratteristiche che
non gli permettono di essere distaccato nel compiere il proprio lavoro e si
ritrova quindi a doverne pagare le conseguenze.
Non vi propino la solita storia
del “si può anche leggere indipendentemente dal primo” per due motivi.
Primo. Piergiorgio non scrive una
serie episodica della vita e delle gesta di Vito Strega, dove alla fine tutto
si risolve e in cui poco o nulla impara dalle puntate precedenti.
Secondo. Sono due ottimi romanzi,
perché perdere l’occasione di leggerli entrambi?
La scelta del buio parte con il reintegro
nel servizio operativo di Vito strega. Deve occuparsi del suicidio di Roberto
Larocca, un collega poliziotto. I superiori pretendono discrezione e rapidità
nella chiusura del caso ma emergono alcune “trascurabili” incongruenze che non
lo convincono dal tutto.
La sensibilità e la preparazione
di Pulixi non imbastiscono una trama al testosterone tutta muscoli e
pallottole, l’indagine non scatta verso la soluzione solo a suon di indizi ma è
più profonda, qualcosa che va oltre il movente e tutto ciò che si può misurare
e catalogare per approdare là dove il bene e il male non sono due entità
distinte.
Un posto dove siamo tutti
vittime.
La scelta del buio di Piergiorgio
Pulixi. Edizioni E/O Collana SabotAge. 188 pagine, 2017. Disponibile anche in
formato digitale.
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