In alcuni vecchi western le cose
erano semplici, molto più semplici. Quando buttava male e gli attori si
ritrovavano a un paio di frecce dalla fossa, dal nulla sbucava la cavalleria
che metteva in fuga gli indiani con qualche squillo di tromba e una manciata di
spari in aria.
Il resto della pellicola serviva
a infilarci in testa il “e vissero tutti felici e contenti” e secondo l’adagio
di Shakespeariana memoria “tutto è bene quel che finisce bene.”
Chissà quanti di noi, dopo aver
visto la scritta The End, pur senza un cappellaccio e una Colt Navy, si sono
sentiti accerchiati dalla vita. Chiaro, c’era chi si dava da fare con la sei
colpi e chi aspettava l’arrivo dei soldati a cavallo ma tutti avevano la speranza
di riuscire a cavarsela.
Poi, qualcosa è cambiato.
È venuto fuori che i cowboy e
tutti gli uomini bianchi in generale tanto bravi non erano. Così, da Soldato
blu in avanti, in quei film quelli accerchiati erano i cattivi, non i buoni.
Caspita, un bel cambiamento di
prospettiva. Uno “studiato” vi direbbe che è cambiato paradigma, nuove verità
storiche sono emerse e quei lungometraggi servivano a sostenere il ruolo dei
buoni degli americani nella Seconda Guerra Mondiale, erano propaganda, mentre
Soldato blu era una critica – nemmeno tanto velata – al ‘Nam e al ruolo
americano nel sud est asiatico.
Va tutto bene, ma noi siamo degli
Apache o delle Giacche Blu?
Prima di rispondere, calcolate
che gli Indiani d’America ormai sono pochi e vivono confinati dentro alle
riserve.
Insomma, non ci sono molti posti
disponibili tra i “giusti”.
Che ci piaccia o meno, dovremmo
finire tra le file dei cattivi e lottare sino all’ultimo respiro per arrivare
in alto e non essere solo carne da macello.
Già perché il potere odora di
sangue e attira squali e mostri di ogni genere.
Questo lo sanno bene il Nero, L’inglese
e Bimbo, meglio conosciuti come I Lupi di Roma e sono i protagonisti principali
di Caput Mundi – Città di Lupi, un albo a fumetti nato da un’idea di Roberto
Recchioni e pubblicato da Editoriale Cosmo.
Si tratta del primo numero di sei
che ha il compito di presentare nuovi personaggi e creare un universo condiviso
che si amplierà in altre testate singole. Un progetto ambizioso che, a quanto
ho potuto leggere, è partito molto bene.
I Lupi non sono degli eroi, ma
tre criminali di piccolo taglio che in seguito a un lavoro su commissione
riescono a racimolare un po’ di grana. Soldi che farebbero comodo a Greta -
capo di un’altra batteria criminale – per
rubare allo Sceriffo gli incassi delle piazze di spaccio.
Città di lupi è una storia pulp,
dai toni e dalle atmosfere degne di Gomorra e Romanzo Criminale ma con una piacevolissima
spruzzata di Dal tramonto all’alba. Fin da subito il lettore è immerso nella
frenesia di una rapina in cui tutto va a puttane e, prima che venga calato il sipario,
parte un flashback che ci porta a conoscere la loro storia.
La sceneggiatura di Michele
Monteleone e Dario Sicchi non conosce tempi morti, non procede mai con il freno
a mano tirato e Pietrantonio Bruno, con un tratto asciutto ed essenziale, non
aggiunge nulla di superfluo e rende più dinamica una storia ad alto tasso di adrenalina.
Anticipata sin dalla copertina,
la presenza del Vampiro Pietro Battaglia si fa sentire e, pur essendo un
comprimario, è il nucleo attorno al quale ruota il destino dell’Urbe Eterna.
Creato da Roberto Recchioni, per
chi ancora non conoscesse Pietro Battaglia, è un vampiro nato tra le trincee
della Prima Guerra Mondiale e che si è ritrovato coinvolto in tutti i fatti
oscuri della storia italiana. Una presenza degna dei romanzi di Macchiavelli,
Genna e Sarasso.
Giusto per citare qualche nome. Detto
questo, andate in edicola e non perdete l’occasione di fare una buona lettura.
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