Ormai è cosa nota, nel menù delle possibili azioni umane la
vendetta la si trova tra i piatti freddi. Certo, ma qual è stato il primo
cameriere a darci l’indicazione?
Molti, io per primo, avrei risposto Tarantino e la sua
ancestrale conoscenza della saggezza spaziale. Ricordate l’inizio di Kill Bill
vol. 1 e il suo amore dichiarato per la serie tv Star Trek? Appunto, ma c’è
qualcosa che non torna. Per amore di precisione, prima di scrivere i miei
deliri, controllo sempre le citazioni e Google a questo giro mi ha fatto
scoprire una cosa davvero molto interessante.
Se digitate “La vendetta è un piatto che va servito freddo”,
oltre all’antico proverbio Klingon, tra i vari link ne sbucherà anche uno che
vi condurrà a una pagina Wikipedia, per la precisione alla voce “La vendetta è
un piatto che si serve freddo”.
Erudito in merito dall’enciclopedia collettiva, scopro
trattarsi di una pellicola spaghetti western (che recupererò quanto prima),
scritta e diretta da Pasquale Squitieri con il nome d’arte William Redford. Nel
cast ci sono attori del calibro di Klaus Kinski, Ivan Rassimov e Salvatore
Billa.
Si, Squitieri nel ’70 girò “Django sfida Sartana.”, tanto per
dire.
Se volevo “scoprire” i legami tra Tarantino e il cinema
italiano ho scoperto l’acqua calda, quello che mi interessa davvero è la vendetta.
Si tratta di un movente potente, in grado di innescare storie
indimenticabili del calibro di Oreste, Il Conte di Montecristo, C’era una volta
il west, Old Boy, V per Vendetta e molte moltissime altre.
Qualche riga più in su ho scritto che è un’azione umana, ma
è così? No, ma siamo stati proprio creati
a immagine e somiglianza di Dio, infatti anche l’Altissimo in quanto a vendetta
sta messo bene.
Il vero e unico problema è che, anche desiderandolo più di
ogni altra cosa, noi mortali non possiamo vendicarci contro l’inquilino del
piano di sopra e dei suoi imperscrutabili piani.
Piani che, senza attenuanti, lo rendono di fatto il mandante
di tutto il male che alcuni hanno subito e di cui finiranno per vendicarsi.
Prima di sprofondare nell’empietà, parliamo di cose serie.
Nati in via Madre di Dio di Alessio Piras è un romanzo
pubblicato da Frilli Editore. Si tratta del secondo capitolo delle indagini del
Commissario Pagani e il ricercatore e professore Lorenzo Marino.
Nella notte del 24 aprile 2014 in piazza Martinez a Genova
viene strangolato Roberto Centurioni, un anziano senzatetto. Il 25 aprile il Commissario Pagani è intento a
svuotare l’appartamento di Eleonora basso, la madre malata di cancro e deceduta
una settimana prima. Tra gli effetti personali della donna trova una fotografia
scattata il 7 febbraio del ‘41 che ritrae Aldo Pagani, Antonio Satta e Roberto
Centurioni.
I tre sono rispettivamente il padre del commissario, il
nonno di Lorenzo e la vittima.
Della sinossi vera e propria non dirò altro, c’è abbastanza
per stimolare l’appetito di ogni lettore vorace. Si può leggere anche
separatamente da Omicidio in piazza Sant’Elena, il primo romanzo della serie, ma al prezzo di perdere
importanti sfumature esistenziali di Lorenzo e il suo difficile e intricato
rapporto con Genova, Madre Matrigna. Un romanzo ricco di riferimenti letterali
che sono un ulteriore valore aggiunto al contesto genovese creato da Alessio.
Davvero, se durante la lettura non vi viene voglia di focaccia o non provate l’ansia
di vedere sbucare navi da guerra inglesi davanti al porto, il problema è vostro
non della bravura dell’autore.
Il presente malinconico tende la mano allo spettro del
passato per riuscire a scovare l’assassino e fare i conti con un passato che
non è mai morto.
Affascinante e misteriosa la figura del narratore che
introduce e conclude il romanzo. Chi è, in quali rapporti è con noi lettori?
No, non ho soluzioni ma solo un consiglio: leggete i romanzi
e vediamo se non vi fiondate tra i caruggi di Genova.
Nati in via Madre di Dio di Alessio Piras. Frilli Editore
collana Noir. 180 pagina, 2017. Disponibile anche in formato ebook.
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