Dato che le pellicole spesso superano
i novanta minuti, la risposta più ovvia è: seduti comodi con una scorta
abbondante di alimenti ipercalorici. Moltissimi sono convinti che queste due
semplici condizioni siano quanto basti a trasformarli in stimatissimi critici
cinematografici.
Non sono contro la libertà di
espressione, per primo ne abuso, nemmeno voglio questionare sui gusti personali
o modaioli ma, se mi imbatto in una recensione di un film fatta da qualcuno con
una prominente pancetta da popcorn, passo oltre e occupo meglio il mio tempo.
Non pretendo che tutti siano così
radical chic dal compiere infinite autopsie sui movimenti della macchina da
presa o la resa dell’obiettivo utilizzato ma provo un certo disagio nel vedere
che ci sono molti, forse troppi, rustici “alla pane e salame” che sostengono
che un film è bello perché ci sono le esplosioni.
E sia chiaro, amo il pane e
salame e non tutti i masticatori sono così incompetenti, qualcuno riesce
comunque a dire e fare cose sensate ma… sono rari quanto i chicchi di mai
inesplosi.
No, non sono uno di quelli
tiepidi che pubblicizza e sostiene la mezza via del giudizio in bilico tra la pacatezza e la saggezza orientale.
Allora cosa voglio? Prima di fare
un ricamo di chiacchiere, rispondo. Avete presente il vecchio adagio di parlare
solo di ciò che conosci o, se proprio senti il bisogno di dire la tua, meglio
se prima ti informi bene e da fonti attendibili?
Ecco, questo è ciò che desidero,
perché le opinioni “sono come il buco del culo, tutti ne hanno una” (fosse
anche di seconda mano) o le medesime fanno sì che la tua intelligenza “se ne
torni a casa avvolta in una bandiera con un pezzo di formaggio nel culo”.
Sono imperdonabile, ho manipolato
furbescamente le citazioni per un mio personalissimo uso e consumo, ma con un
minimo di preparazione si potrebbe anche capire quali differenze, oltre alla
morale di sottofondo, ci siano tra un lungometraggio di Oliver Stone e uno di Steven
Spielberg.
Ultima cosa importante: il
trailer non è il film.
Se uno non volesse passare la
propria vita a sparare sentenze spicciole, cosa dovrebbe fare? Nel caso,
passare qualche giorno su un set cinematografico per rendersi conto che oltre
agli attori c’è di più e di quante incognite debba affrontare un regista
durante ogni singolo ciak. Se non si ha questa meravigliosa possibilità, allora
è il caso di leggere un po’ di letteratura specifica.
Per non ammazzarvi con inutili
tecnicismi consiglio la lettura di L’occhio del regista – 25 lezioni dei
maestri del cinema contemporaneo.
Tranquilli, non si tratta di un
libro didattico ma di una serie di interviste apparse su Studio, una
prestigiosa rivista francese di settore. Tolti un paio di casi, Laurent Tirard ha
interrogato tutti gli intervistati su argomenti quali il rapporto con
l’insegnamento e l’apprendimento delle tecniche cinematografiche, la decisione dell’angolazione
della macchina da presa nei propri lavori, per quale motivo fanno film, come
gestire il rapporto con gli attori e il pubblico e cosa li abbia spinti a
intraprendere la strada della regia.
All’apparenza potrebbero sembrare
quesiti tecnici ma dalle risposte emerge bene la natura esistenziale di queste
domande. I candidati sono stati selezionati in base alle opere e all’esperienza
che li ha portati a diventare apprezzati e conosciuti sia dalla critica che dal
pubblico.
Sono venticinque nomi importanti,
nonostante l’effetto elenco del telefono sono del parere che vadano elencati
tutti.
Martin Scorsese, Pedro Almodóvar,
Sydney Pollack, Woody Allen, Emir Kusturica, Joel ed Ethan Coen, Wim Wenders,
David Lynch, Bernardo Bertolucci, Oliver Stone, Lars von Trier, Wong Kar-wai,
David Cronenberg, Takeshi Kitano, Tim Burton, John Woo. Jean-Luc Godard, Milos
Forman, Mathieu Kassovitz, Steven Soderbergh, Michael Mann, Roman Polanski, Jim
Jarmusch, Alejandro González Iñárritu, Arthur Penn.
Il libro non è una raccolta
variegata di risposte ma un corpus omogeneo, dovuto soprattutto alla scelta di
rivolgere domande standard agli intervistati. Leggendolo si ha la sensazione
non di essere a delle noiosissime lezioni accademiche ma a delle stimolanti
chiacchierate sulla settima arte.
Anche se non siete degli esperti,
di sicuro questa lettura vi aiuterà a comprendere e valutare meglio ciò che
vedrete sul grande schermo o potrebbe spingervi verso la vostra prima regia.
L’occhio del regista, 25 lezioni
dei maestri del cinema contemporaneo a cura di Laurent Tirard. Minimum Fax
edizioni, collana cinema – nuova serie. 307 pagine, 16 €. Disponibile.
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