È vero, principe, che lei una
volta ha detto che la Bellezza salverà il mondo?
Dostoevskij, L’idiota.
Bastasse una preghiera per
liberarci dal Male, dalle guerre, dalle carestie, dagli ignoranti e dai miseri vi
giuro che spenderei più di un Padre Nostro al giorno. A farmi desistere dall’impresa
è l’assoluta mancanza di risultati apprezzabili, nonostante l’impegno di
parecchi fedeli che, per duemila e più anni, si sono prodigati nel chiedere all’onnipotente
di fare le pulizie – quelle grosse – per rendere la terra un posto migliore.
E nemmeno più presto l’orecchio
alle tesi della difesa. Davvero dovrei credere che Dio lasci pascolare indisturbato
il Male solo per testare il nostro libero arbitrio o per permettere l’attuazione
dei suoi imperscrutabili piani?
Ma non è tutto, perché dovrei
ancora scontare il peccato di disobbedienza di Adamo ed Eva o come posso io essere
umano e resistere alle tentazioni in cui potrebbe indurmi la stessa Divinità in
cui credo? Il problema è che, senza la fede, la religione è una matassa troppo
ingarbugliata e tentare di sbrogliarla non fa altro che stringere il nodo scorsoio
attorno al nostro collo.
Per non finire impiccati,
dobbiamo accettare il fatto che siamo soli e non ci resta che saltarci sulle
spalle per provvedere a noi stessi. Così, ora che la prospettiva del castigo
divino o di un caldo soggiorno all’inferno non sono più buoni deterrenti per
scoraggiare i malintenzionati, cosa dobbiamo fare?
Combattere casa per casa le ingiustizie
e processare i cattivi? Proviamo, ma è meglio una guerriglia etica con schemi
in cui è meglio essere saggi e saper dosare le proprie azioni tra due estremi o
essere tiranneggiati da vacui doveri soverchianti?
Oppure viaggiate leggeri, siete
dei tipi da “via la morale”, così adattivi far precedere l’esistenza all’essenza?
Tra le varie soluzioni possibili ce
n’è una che appare incomprensibile: la Bellezza salverà il mondo. È
possibile che la contemplazione della Bellezza possa rivoluzionare il nostro
animo al punto da fornirci la forza e gli strumenti per salvare il mondo?
La nostra è una vita che oscilla
tra Matrix e Dresda.
Mi spiego meglio.
Con Matrix le sorelle Wachowski hanno
messo in scena, con almeno dieci anni d’anticipo, la nostra attuale situazione;
siamo divisi tra una vita reale ben scarna e povera e una dimensione digitale/virtuale
molto più accattivante ma, in entrambi i casi, regna il brutto; sia sulla Nabucodonosor
che nella New York ricostruita tutto è prossimo al degrado, alla decadenza, al
non luogo e, non credo sia un caso, l’unica scenografia elegante viene
abbattuta a suon di proiettili.
Memorabile è il monologo dell’agente
Smith in cui l’essere umano è un virus che distrugge l’ambiente in cui vive.
Andando ben oltre quanto espresso
dalla pellicola, penso che L’architetto abbia escluso la bellezza da Matrix per
non favorire la possibilità di elevarsi o di riscattarsi per continuare a
essere delle pile.
Le stesse che alimentano il
brutto e lo squallore contenuto in Facebook, Instagram, Twitter e ogni altra
estensione social del nostro corpo.
Dresda cosa c’entra? Nella città
tedesca si trova la Gemäldegalerie Alte Meister, una pinacoteca in cui è possibile
ammirare la Madonna Sistina di Raffaello Sanzio.
Nel corso del tempo questo “quadro”
ha affascinato molti fuoriclasse del pensiero e dell’arte, tra i vari nomi
spicca quello di Fëdor Dostoevskij. Il grande romanziere russo che sostenne
la tesi “la Bellezza salverà il mondo”. Non è una semplice caratterizzazione
per dare profondità al principe Myškin, l’idiota o il Cristo del XX
secolo.
Credeva davvero in questa
possibilità e la Madonna Sistina era la sua ascensione o la sua rivoluzione
necessaria per caricare la penna e scrivere romanzi come Delitto e castigo, I
Fratelli Karamazov, I demoni, Memorie del sottosuolo.
Se non mi credete, state attenti
alle varie peccatrici che incontrate tra le pagine e ditemi se non hanno
qualcosa della Vergine Maria.
Esprimono una bellezza che non è
quella inautentica e bidimensionale da cui siamo stati anestetizzati, quella
liscia e progettata da pubblicità e chirurgia estetica, ma una naturalezza in
cui tensione e beatitudine coesistono e lottano.
Ah, quasi dimenticavo. Sarà anche
una infelice coincidenza, ma se consideriamo Dresda come un punto d’accesso alla Bellezza, non meraviglia che sia stata rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Mi sono dilungato ben oltre le
mie intenzioni, ma dopo aver divorato lo splendido Morte ad Asti – La nebbiosa
domenica dell’Investigatore Martinengo di Fabrizio Borgio non sono riuscito a
trovare il tempo per scrivere qualcosa di più breve.
Inizio col dirvi che ogni
capitolo si apre con una citazione di autori famosi sulla “bellezza” .
L’unica che non troverete è
proprio quella di Dostoevskij. Sono convinto che non si tratti di una
dimenticanza ma, a meno di non essere smentito dall’autore, la nuova indagine
di Giorgio Martinengo è una dimostrazione che la Bellezza, nel caso quella di
Vittoria Squassino, è il motore che può alimentare un cambiamento e tendere
verso il bello (e il giusto) anche nella realtà di Asti, dissipando quella “nebbia”
in cui deambulano il futuro dell’Italia e le capacità scacchistiche del
protagonista.
Come il buon vino, il personaggio
migliora invecchiando. Ho apprezzato molto anche il precedente Asti ceneri
sepolte ma in questa nuova prova Borgio ha una marcia in più nella scrittura. Un
valore aggiunto che si sposa alla perfezione con la capacità di gestire al
meglio trame e tempi sovrapposti.
La sinossi: “È un Giorgio
Martinengo sconvolto quello che, una nebbiosa domenica di febbraio, rinviene il
cadavere della bella Vittoria Squassino, suo grande amore di gioventù e
competente manager della succursale milanese di una banca tedesca. Poco tempo
prima il nostro investigatore privato era stato ingaggiato dai vertici della
banca proprio per indagare su di lei a causa di sospetti sul suo operato
palesatisi quando le era stata attribuita una relazione con Valerio Cortese,
affascinante imprenditore nel campo delle SPA a tema enologico. Martinengo
conosce anche lui. L’indagine su Vittoria assume così i contorni di un viaggio
a ritroso nel tempo, dove sullo sfondo di una Asti benestante e gaudente, come
lo erano gli anni ’90, si delineano i difetti di una nazione, il disincanto
della gioventù e le basi per una tragedia che metterà a dura prova le capacità
dell’investigatore delle Langhe.”
Come molti dei romanzi che amo
leggere, non è solo semplice intrattenimento, il classico puzzle con il morto,
ma uno sguardo onesto e sincero sulla società in cui viviamo.
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