Avevo intenzione di scrivere un
certo tipo di delirio ma avrebbe rubato troppo tempo all’homo ieiunium, l’essere
umano veloce che consuma centinaia di post al secondo, così ho preferito
mettere in fila parole come se avessi corso a perdifiato e, per non farmi
mancare dei like, sotto aggiungo anche la foto di un gattino!
Posso benissimo sacrificare
contenuti e approfondimenti, tanto quelli interessano solo a me che li scrivo.
Tutti noi ormai viviamo più nel
virtuale che nel reale - se così non fosse nemmeno sapreste dell’esistenza di
Mirko Giacchetti - e ho notato che non leggiamo i post chilometrici e decidiamo
se lasciare o meno il pollice alzato solo guardando un’immagine.
Dato che viviamo in costante moto
di accelerazione, faccio fatica a capire perché molti si ostinino ancora a
leggere i romanzi.
Mi spiego, non ho nulla contro la
lettura. In fondo sono uno che preferisce molto di più scorrere l’indice di un
libro di dinamica dei flussi che avere a che fare con alcune persone, ma non
riesco a trovare la soluzione al paradosso in cui ci troviamo dentro con mani,
piedi, testa e pregiudizi.
Esistono alcuni lettori che consumano
centinaia di “pensierini social” al minuto ma che non leggono racconti perché…
troppo brevi!
Ehm, c’è qualcosa che non funziona
ma, anziché perdere tempo con problemi stupidi, mi sono letto una serie di
racconti.
Con molto piacere, torno a
parlare della collana Miskatonic per svariati motivi. È un’ottima vetrina per gli autori
italiani ed è curata da Andrea Gibertoni e Giulia Cigni.
Due veri fuoriclasse della
letteratura horror, nonché i gestori della mitica libreria Miskatonic University
in quel di Reggio Emilia.
Veniamo al dunque.
Il primo della lista è Angelo
Berti con Heterochromia. Una narrazione essenziale che scaraventa il lettore
nel morboso legame che avvinghia Lui e Lei. Il racconto riduce al minimo
indispensabile i dettagli e le ambientazioni ma non è affatto una mancanza, l’autore
gestisce al meglio l’alternarsi dei due protagonisti al punto che vorrete solo
sapere come va a finire.
Vanity Press di Samuel Marolla ci
porta nei meandri più oscuri della Black Mark Press, gestita dall’esimio Mordo
Sarastro. Un editore che non vale la pena di incontrare e con cui è meglio non
firmare alcun contratto di pubblicazione. Se non ci credete, chiedete pure ad
Alessio Bontempi e all’avvocatessa Fabiola Cherestani specializzata in Diritto
legale infernale. Lettura piacevolissima per la continua presenza di situazioni
grottesche e personaggi buffi e pericolosissimi.
Nicola Lombardi intinge la penna
nel gotico rurale per rispolverare il rito delle Pallide streghe d’autunno.
Alex vuole riscoprire un innocente rito paesano che rendeva omaggio a tre donne
accusate di essere streghe quando ancora l’essere Wicca non era visto bene
dalle autorità religiose. Va tutto bene, se non fosse che nel ’44 l’eccidio
perpetrato da alcuni soldati tedeschi abbia risvegliato qualcosa di molto più
oscuro. Questa è una di quelle ottime storie che, da lettore italiano, ti
ricorda che nel bosco vicino a casa potresti non trovare solo dei funghi e
castagne.
Chinese Box di Pietro Gandolfi è
un numero speciale della collana ed è un romanzo breve. Si esce dai confini
italiani per immergersi nella competizione tra Jerry Oswald e Chen. Due
proprietari di altrettante sartorie che, nel bel mezzo della crisi economica,
fanno di tutto per competere tra loro. Se l’americano perde colpi su colpi,
deve ridurre il personale e fare i conti con la continua perdita di ordini, l’asiatico
sembra fare affari d’oro e navigare con il vento in poppa. La fine per Jerry
sembra vicina, ma una retata della polizia elimina il concorrente a causa di
alcuni problemi di immigrazione e condizioni di lavoro prossime alla schiavitù.
La fine delle ostilità però
scoperchia qualcosa di ignoto e strane presenze si aggirano nel buio della
notte.
Gandolfi amplia i confini del
proprio universo narrativo e riconferma il suo stile, aggiungendo un nuovo
tassello al mondo degli orrori.
Paolo di Orazio scompiglia le
carte e sforna Spaghetti western freakshow. La storia è ambientata a Pesaro nel
1882, un luogo e un tempo che non sono pronti per comprendere l’impegno e l’interesse
con cui il dott. Emilio Carlomaria Martinetti Branzini cerca di rendere quanto
più normale la vita della contessina Elisabetta Agostini-Mariotti. Una bambina
nata dall’unione tra l’avaro padre e la claudicante madre, con la sfortuna di
non avere le gambe.
Mirabile la cura linguistica per
ricreare una narrazione ottocentesca e la sapiente fusione di generi alquanto
diversi. Davvero, vi ritroverete dalla parte sbagliata della normalità… e
potrebbe anche piacervi il vostro nuovo punto di vista.
Ci sono parecchie influenze
cinematografiche e, a seconda dei gusti, si può preferire un racconto a un
altro. Io li ho recensiti in ordine di lettura, ma è impossibile negare la
passione con cui sono stati scritti e gli effetti benefici che provocano ai
patiti del Horror come il sottoscritto.
Sono facilmente reperibili qui.
A voi non resta altro che leggere
e posso solo augurarvi incubi d’oro.
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