La prima volta che andai a
Firenze ebbi la “fortuna” di trovare il Perseo impacchettato per un restauro. Tutti
quei teli e quelle impalcature nulla avevano a che spartire con Christo e la
Land Art. Quella statua l’avevo studiata sui banchi di scuola, per l’occasione
mi ero anche riletto Vita di Benvenuto Cellini e Le Metamorfosi di Ovidio, inoltre avevo un rullino solo per
immortalare ogni singolo dettaglio dell’opera.
Visto e considerato quanto mi ero
preparato, potete immaginare la mia felicità e l’impossibilità di consolarmi
con la riproduzione in marmo e bronzo che infilai in valigia prima di partire.
Anche se all’epoca internet
esisteva già, la mia prima idea non fu quella di mandare mila e-mail a tutti
gli enti disponibili per lamentarmi della situazione, né mi feci prendere la
mano ammorbando chiunque nel raggio di dieci chilometri con piagnistei vari.
Preferii armarmi di pazienza, cercare di capire quando si sarebbe liberato
dalla prigionia e mi ripromisi di tornare, fosse anche solo per un paio di ore,
per poterlo “conoscere” di persona.
Aspettai circa un anno e con un biglietto del treno e un viaggio allucinante, senza mai alzare la voce o sprecare fiato, riuscii a vedere il Perseo e rimasi affascinato come un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli.
Il mio incontro con una semplice
scultura mi ha fatto capire che un’azione vale più di milioni di parole ed è
vero che per riuscire a completare “la statua dell’umanità” andavano bene anche
piatti e stoviglie.
“Il genio della cultura si
comporta come Cellini, quando fece la colata del suo Perseo: la massa liquida
minacciava di non bastare, eppur tuttavia lo doveva: così egli vi gettò dentro chiavi e piatti e tutto quel che gli
capitava tra le mani. Allo stesso modo, quel genio butta dentro errori, vizi,
speranze, deliri e altre cose di vile e nobile metallo, perché la statua
dell’umanità deve venir fuori finita: che importa se, qua e là, si è usato
materiale più scadente?”
Nietzsche, Umano troppo
umano, aforisma 258.
Ovviamente non predico
l’accettazione incondizionata, né vi consiglierei di fare della rinuncia una
regola di vita o di dover pagare ogni volta il prezzo più alto, ma è sempre
buona cosa ricordarsi che tutti siamo parte della statua dell’umanità, nessuno
di noi è esente da errori, vizi, speranze e deliri.
Insomma, siamo tutti della stessa
pasta e della stessa razza.
Non ho intenzione di scrivere un
manuale su cosa debba fare o essere L’uomo in rivolta, mi limito a indirizzarvi
all’omonimo libro di Albert Camus.
Non sono contro la libertà di
espressione, mi rendo conto di essere uno dei tanti blogger che diffonde i
propri deliri in rete, quindi non sono ancora così lesto da spararmi sui piedi.
Non siamo così fortunati da poter
ancora ripetere a pappagallo Mala tempora currunt, sed peiora parantur perché i
tempi peggiori non sono più una minaccia del giorno a venire, sono la nostra
storia da troppi anni.
Non sono un nostalgico. Ieri non
era tutto più bello, genuino e sincero ma è pur vero che c’erano anche giornalisti
del calibro di Dino Buzzati, Tommaso Besozzi, Pier Paolo Pasolini, Indro
Montanelli, Enzo Biagi e molti altri mentre oggi ci sono blogger , youtuber e simili che –
come il sottoscritto – scrivono più velocemente di quanto pensano. Non abbiamo
i titoli e l’esperienza per improvvisarci opinionisti ma, e questo mi
preoccupa, alcuni riescono ad avere un seguito che, a volte, è maggiore di
tutti i nomi che ho citato qualche riga più in su.
Per essere chiaro, io non sono
tra i Top Influencer né voglio entrare in classifica.
Tutto questo articolo per
arrivare a dire che molte delle polemiche e delle provocazioni che ciclicamente
intasano i mezzi di comunicazione sono inutili.
Al polemico interessa che
qualcuno gli dia retta o da mangiare se è un Troll.
Per i provocatori mi viene solo
da dire che la metà dei gesti “di rottura” che fanno sono inutili, l’altra metà
li rende la copia più povera di spirito dello scemo del villaggio. Con una foto
su Instagram, un cinguettio su Twitter e un post su Facebook non stanno
fermando una colonna di carrarmati in Piazza Tienanmen o sventolando un velo su
di un bastone.
Faccio un esempio molto semplice.
Esistono criticoni non specializzati che difendono a oltranza ciò che amano,
magari anche contro l’evidenza, oppure frantumano qualunque cosa non incontri i
loro gusti.
Non stiamo parlando di questioni
di vita o di morte ma di prodotti come libri, fumetti, film, serie tv ma anche musica, calcio e altre sciocchezze simili.
Per gli occhi foderati dal salame
consiglio un panino - magari a stomaco pieno riescono a ragionare meglio –
mentre per l’acidità critica inviterei i solforici a creare, così vediamo
quanti “capolavori” riescono a fare.
Vale la pena agire e lottare per
qualcosa di serio, soprattutto quando è ingiusto e ci impedisce di vivere una
vita almeno dignitosa. Per quello che resta, siamo tutti una miscela di bronzo
e materiale vile quindi evitiamo di spennarci come polli, inventare hashtag,
meme o scrivere articoli come questo.
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